OSPEDALE CARDINAL MASSAIA - ASL ATLunedì mattina, i raggi di un Sole anemico filtrano tra le serrande dello studio di Valter Saracco, primario di Medicina Generale A al Cardinal Massaia di Asti. Il dottore si concede un attimo di pausa dalla frenetica routine ospedaliera per offrire al nostro giornale una riflessione sugli effetti che la delibera regionale 1/600, in materia di riforma della rete sanitaria, potrebbe comportare alle funzionalità della struttura astigiana. Saracco, laureatosi nel 1978 a Torino nella facoltà di Medicina e Chirurgia (specialità Endocrinologia), ha iniziato la sua esperienza, ininterrotta fino ad oggi, al Cardinal Massaia nel 1980 ricoprendo il ruolo di assistente nella divisione di Medicina Generale dell’ospedale per poi nel 1987 essere nominato aiuto responsabile nello stesso reparto. Dal 1° agosto 2009 è alla guida della SOC di Medicina A.  Il reparto – che trova il suo corrispettivo in Medicina B – è uno dei più affollati per numero di posti letto (48, di cui sei chiusi) e relativa occupazione (con un indice spesso superiore al 100%). Al fianco di Saracco collabora un’equipe qualificata composta da medici, infermieri e operatori socio sanitari. A quest’ultimi, gli OSS, sento di dover rivolgere le mie più sentite scuse per non averli citati, come sarebbe stato giusto e opportuno fare, nella lista delle figure professionali del Pronto Soccorso di Asti diretto da Gianluca Ghiselli al quale la settimana scorsa abbiamo rivolto alcune domande – oggetto poi d’articolo pubblicato dalla Gazzetta d’Asti – per comprendere meglio le problematiche affrontate dal personale di primo soccorso. Sia chiaro che medici, infermieri, OSS e volontari (assieme a figure tecniche altrettanto importanti che collaborano per la cura dei pazienti) sono da intendersi senza distinzioni e in ogni reparto dell’Ospedale come presenze “irrinunciabili”, espressione utilizzata dallo stesso Ghiselli in sede d’incontro e che sento di far mia avendo sperimentato in prima persona la loro grande efficienza. Chiusa questa breve ma sentita parentesi, torniamo alle riflessioni del dottor Saracco partendo dal rischio di perdita di posti letto per il nostro ospedale. Stando a quanto riferito dall’assessore Saitta, Asti dovrebbe rinunciare a 30 posti (erano 50 prima delle modifiche alla delibera): “pochi” in termini assoluti se confrontati ai 2400 che saranno tagliati in tutta la Regione ma che si traducono in una grande criticità se calati nella realtà nostrana. “La provincia di Asti ha un numero di posti letto per acuti che è già inferiore alla media regionale oltre a quella nazionale – spiega Saracco – perderne altri metterebbe a rischio la cura dei pazienti”. Le preoccupazioni di Saracco sono viepiù costanti di fronte alla prospettiva, dichiarata dalla Regione, di sopprimere uno dei primariati di Medicina Generale: “Si andrebbe a configurare una maxi-struttura a dir poco ingestibile per un solo primario, l’accorpamento degli 84 posti letto che compongono Medicina A e B è una prospettiva impensabile”. I dubbi sugli effetti della riforma sono tanti: la perdita di una S.O.C. (Struttura Operativa Complessa) comporterà il passaggio a una S.O.S. (Struttura Operativa Semplice senza primario) o ridurrà un reparto a mera attività ambulatoriale? “Sono ovviamente felice di sapere che non sarà toccato il reparto di Geriatria (con gli annessi 14 posti letto) ma auspico che i tagli non interesseranno i posti per gli acuti internistici”, precisa Saracco che individua tra le varie vicissitudini da risolvere quello del calcolo dei tempi medi di degenza. “E’ ridicolo guardare ai dati dei reparti di Medicina senza tener conto che tanti pazienti sono trasferiti da altre attività operatorie (specialmente Rianimazione). I nostri tempi di degenza “reali” sono già sotto la media regionale e lo sforamento si verifica sommando tutti i giorni trascorsi dai malati in altri reparti”. Per capirsi: se un paziente viene ospitato per cinque giorni in Rianimazione e dieci in Medicina, il computo totale che genera la media dei tempi di degenza della Medicina Generale è quindici, non tenendo conto solo dei giorni effettivamente trascorsi (in questo caso dieci) ma anche di quelli in cui il malato è ospitato in un altro reparto. Per arginare la carenza di posti letto, Saracco punta sul potenziamento dell’assistenza territoriale: “Se le case di riposo o i medici di base potessero, ad esempio, offrire supporto ai pazienti che necessitano di trattamenti di ossigeno terapia si verificherebbe da subito una diminuzione dei ricoveri non strettamente necessari”. Il medico è allarmato anche dalla possibile chiusura dell’Ospedale di Nizza: “Offre un grande ausilio operativo, se venisse eliminato molti pazienti della Valle Belbo potrebbero riversarsi nella nostra struttura ed è facile immaginare i problemi che ne conseguirebbero”. Guardando al proprio reparto, il primario non esprime particolari lamentele per la quota di personale a disposizione (26 infermieri e 10 OSS), anzi, approfitta dell’occasione per elogiarne le qualità professionali ma nonostante ciò le difficoltà non mancano. Parlando del supporto garantito dagli operatori socio sanitari, spiega che il loro numero (a pieno organico) “è appena sufficiente per rispondere alle richieste d’assistenza di base” e si sofferma sulle problematiche annesse allo svolgimento della mansione: “E’ un lavoro usurante, genera notevole e protratto stress fisico che a lungo andare porta alla frequente comparsa di limitazioni dell’attività lavorativa”. Questo, senza dubbio incolpevolmente, si ripercuote sulla massima capacità operativa del reparto: nei casi di assenza, infatti, “il loro numero diventa insufficiente per esaudire tutte le richieste di mobilizzazione ed assistenza che numerosi pazienti, particolarmente i più anziani, richiederebbero”, precisa. Saracco invita inoltre a non abbassare la guardia sulla tutela dell’ospedale e critica le modalità con cui la Regione è giunta alla tanto discussa delibera: “Abbiamo mai avuto la pretesa che la razionalizzazione delle rete ospedaliera non riguardasse anche l’Astigiano però ci aspettavamo che l’amministrazione regionale spiegasse il perché delle sue scelte. Purtroppo non possiamo dire di aver ricevuto risposte esaustive”. La mobilitazione va dunque avanti e il primario lancia un invito ai comitati che si sono mossi per la difesa dell’Ospedale a promuovere un incontro pubblico (sulla falsariga di quello organizzato lo scorso 16 dicembre dall’Ordine dei Medici al Centro Culturale San Secondo) per illustrare alla cittadinanza  i rischi che ancora incombono sul futuro del nostro ospedale. Fabio Ruffinengo