il posto dell'angeloSarà presentato sabato alle 18 al Centro San Secondo il nuovo libro di Daniela Grassi “Il posto dell’angelo”. Nel volume, la cui prefazione è curata da Paolo De Benedetti, la responsabile dello sviluppo associativo delle Acli di Asti propone alcuni temi per imparare a intravedere il firmamento spirituale che è in noi e da cui attingiamo la vita. Quanto c’è di personale, di Daniela Grassi, ne Il posto dell’angelo? “Il libro nasce da una scelta di saggi pubblicati negli scorsi anni e di inediti aggiunti. Questo testo è in un certo senso la rappresentazione del mio rapporto di persona del XXI secolo con la realtà, quella più evidente, quotidiana, così come quella delle relazioni tra umani e tra viventi in genere e quella con “l’invisibile”, quella che io considero la linfa spirituale di ogni cosa. Ovviamente, se solo della mia visione si trattasse, sarebbe di ben poco interesse, ma pubblicando questi testi mi sono resa conto, dalle risposte che ho avuto, d’aver descritto un universo condiviso, di cui si sente la necessità comune di parlare, per darsi forza e speranza, attraverso l’arte, il rapporto con la bellezza, la fragilità e la forza dei nostri cammini esistenziali, spesso così intricati e faticosi eppure sempre più sorretti dalla coscienza di vivere tempi di difficile decifrazione, ma anche di eccezionale potenzialità e valore. L’indice del libro è diviso per costellazioni, perché le nostre personali esistenze sono un universo in contatto continuo con il respiro dell’immenso: vivono, seppure così apparentemente minuscole, della stessa sostanza e della stessa luce fisica e spirituale delle stelle”. Il posto dell’angelo: come ha scelto questo titolo? “Il titolo deriva da una tradizione ebraica, quella a cui fa cenno Paolo De Benedetti nella sua bellissima e per me commovente introduzione. Si tratta della tradizione della “sedia vuota”, un posto apparecchiato alla mensa per coloro che sono stati, per coloro che verranno, per le presenze spirituali. In tempi, come dicevo, tanto indefiniti e difficili ho inteso Il posto dell’angelo come il posto del possibile, della speranza, una porta aperta su una auspicabile rinascita della ragione umana legata però ad una crescita interiore dell’animo umano che si rende finalmente conto, o torna a rendersi conto in modo nuovo, del suo legame con il Tutto. Questo potrebbe essere e dovrebbe essere, come diceva ad esempio Steiner, il momento in cui “i cuori cominciano ad avere pensieri”. E’ la stessa prospettiva delle altre due opere, il libro di Grazia Francescato e il cd di Franco Del Moro (verranno presentati anch’essi sabato, NdR), una prospettiva di cui, in un panorama spesso desolante di materialismo abbietto e massificante, moltissime persone, in tutto il mondo e in culture differenti, fanno esperienza ogni giorno e che coltivano, ben sapendo di quale fiore prezioso abbiano tra le mani. L’incontro tra culture differenti, ma anche tra l’arte, la filosofia e la scienza, non può che dare respiro e speranza a tutti noi, anche se il cammino è tutt’altro che semplice”. L’arte, gli animali e la natura, la relazione, l’amore: in quante e quali dimensioni l’uomo può ritrovare forza contrastando il panorama a volte desolante che si trova di fronte? “L’uomo può ritrovare forza ogni volta che riesce a riconoscersi, anche per un tempo brevissimo, in un segno che lo porta a superare la contraddizione insita nel mistero, a volte terribile, dell’apparente ingiustizia della realtà biologica: la sofferenza, la morte, ma ancor più l’ingiustizia sociale, la ferocia e la colpevole indifferenza che spesso dimostriamo nei confronti dei nostri simili e del pianeta su cui viviamo, rimangono senza spiegazione (e torno a citare Paolo De Benedetti, che più volte nelle sue opere ha toccato questo tema), ma le relazioni di compassione, di empatia, di amore profondo tra umani e tra gli umani e le altre forme di vita, la cultura e l’arte, aprono squarci su una dimensione che va oltre il finito in cui ci troviamo immersi, e possono portare al superamento di quello che pare altrimenti un limite insuperabile. Questa forza utopica, ma imprescindibile, è una ricchezza che appartiene a tutti, un patrimonio che va al di là delle differenze culturali e di credo e personalmente penso sia, per quanto tutt’altro che scontata e facile, la via che dobbiamo percorrere”. MN