Si vede come l’uomo che nella parabola evangelica, picchiato e derubato, viene soccorso da un buon samaritano dopo che un sacerdote e un levita sono passati senza fare niente. Così Beppe Passarino insieme ai compagni di strada che lo hanno “soccorso” (le liste Uniti Si Può e Passarino Un Sindaco Per Amico) ha concluso una campagna elettorale basata sull’idea del “cittadino al centro”, che punta a una città con una maggiore qualità di vita, dove ci si senta meno soli. Come è nata la sua candidatura alla carica di sindaco? “La mia candidatura è nata dalla richiesta di esponenti di Uniti Si Può. Immediatamente ho detto di no, pensando che per amministrare una città come Asti fossero necessarie ben altre capacità e risorse. Poi però mi sono reso conto che questa risposta poteva essere modificata, pensando al fatto che da sempre mi sono impegnato per aiutare gli altri”. Dai retroscena pubblicati nei mesi scorsi, la sua candidatura sembrerebbe avere impedito alla coalizione che ha sostenuto l’amministrazione comunale uscente di trovare un accordo unitario sul nome di un candidato, che correrà per diventare sindaco a capo di una lista civica. Lei conferma questa ricostruzione? “Non sono stato coinvolto in questa trattativa, salvo il fatto che mi è stato riferito che si sarebbe svolto un incontro tra i rappresentanti dei componenti la coalizione di sinistra. In quell’occasione dissi che avrei accettato solo se appoggiato da una coalizione di sinistra unita, e ho preparato un progetto sulla città e sui valori che la coalizione avrebbe dovuto portare avanti. Ho inviato questo progetto a tutti i partecipanti dell’incontro. Poi questa coalizione ha espresso altre scelte, tranne coloro che mi avevano all’inizio chiesto la disponibilità. Allora ho affermato di essere “solo contro tutti”, nel senso degli altri contro di me. Quindi ho capito che l’unico modo per portare avanti il progetto era di metterci la faccia, insieme agli altri che hanno accettato di compiere con me questo percorso”. Nel suo programma si legge l’intenzione di rendere Asti una “città solida”, che permetta anche all’imprenditoria giovanile di creare lavoro. In quale modo? “Incentivare l’arrivo dell’impenditoria è la misura più ovvia, ma ho anche proposto le botteghe arigianali per contrastare l’abbandono della manualità da parte dell’imprenditoria giovanile. Inoltre abbiamo avanzato all’Unione Industriale la proposta della Cittadella dell’Energia, che sia fondata sulla ricerca e sulla produzione di componentistica innovativa riguardo le rinnovabili. E’ anche importante il terzo settore, soprattutto pensando alla necessità di professionisti preparati per gestire l’arrivo e l’integrazione dei migranti”. L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 9 giugno 2017 Michele Cascioli