“In un posto bellissimo”, il film di Giorgia Cecere girato recentemente ad Asti, ricorreva spesso al fuori fuoco, con personaggi nitidi in primo piano e ambienti o altri personaggi “sfocati” sullo sfondo; un effetto amplificato dal brumoso paesaggio autunnale che avvolgeva i personaggi in una patina nebulosa spesso impenetrabile. È curioso ora (ma assolutamente casuale) che il nuovo lungometraggio del regista astigiano Giuseppe Varlotta, con Corinne Cléry, Pippo Delbono e Luca Lionello, s’intitoli proprio “Oltre la nebbia”. Dopo “Zoè” l’architetto dell’immagine – epiteto dovuto alla sua prima professione e con il quale il cineasta identifica il suo stile – è già da tempo al lavoro sul nuovo progetto, che nel corso degli ultimi mesi ha mutato forma e contenuto grazie alle circostanze; terminate le riprese, ora Varlotta è impegnato nella fase di montaggio. I suoi film giocano molto sulle atmosfere. Questi luoghi che ruolo hanno nell’intreccio? “Il punto di partenza è il cinema nel cinema, con una troupe e una compagnia di attori che stanno girando un film all’interno della fabbrica; su questo ho innestato una trama gialla. In contrasto a questo ambiente, così pulito e raffinato, ho pensato di getto: ‘E se uno di questi attori sparisse?’ Il film, in sostanza, è una sorta di visione, la mia visione su quel luogo, come lo vidi la prima volta che ci andai. Tutto è basato sulla dialettica di ciò che sembra, rispetto a ciò che in realtà è. E questo vale sia per gli ambienti, sia per i personaggi, tanto più perché sono attori”. Oltre alle scenografie, due componenti importanti per la costruzione del suo universo artistico sono da sempre la fotografia e le musiche. Anche in questo caso? “Sì, della fotografia si è occupato Fabio Olmi, il figlio del regista Ermanno. Quando l’ho chiamato, non sapeva se accettare perché aveva capito che a livello visivo non era di facile realizzazione, ma quando a luglio l’ho portato sul posto per i sopralluoghi è rimasto davvero colpito e ha accettato. Per le musiche ci saranno sicuramente lo ‘Stabat mater’ di Pergolesi, perché è un brano legato alla vicenda del film, brani del gruppo astigiano Solotundra, e un pezzo inedito che Giorgio Conte ha scritto per me, ed è stata una bella combinazione. Durante le riprese l’assessore locale, in Svizzera, mi aveva invitato ad un concerto di un cantante italiano che pensava non conoscessi. E chi era? Proprio Giorgio, che mi promise come regalo di Natale un brano per il film”. Ci sarà dunque anche un po’ di Asti nel film… “Certamente: il co-sceneggiatore Paolo Gonella e diversi fra gli interpreti sono astigiani. La cantante Chiara Dello Iacovo ha un ruolo significativo, e poi ho affidato piccole parti a Gianni Miroglio, a Luciano Berruti e a sua moglie. Inoltre ho girato anche in città, a Palazzo Mazzetti, e nella zona di Costigliole”. L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 12 febbraio 2016. Umberto Ferrari