Sono trascorsi pochi giorni dal devastante terremoto e dal conseguente tsunami che hanno sconvolto il Giappone e le informazioni che ci arrivano sono ancora frammentarie e non ci permettono di comprendere appieno il grado di drammaticità dell’evento; abbiamo raccolto una testimonianza diretta che, per la sua ricchezza di particolari, ci aiuta di ad avere una percezione ancora più sensibile su quanto sta accadendo nel Paese del Sol Levante e sull’incredibile, almeno per noi latini, reazione della popolazione di fronte a quello che è un disastro di proporzioni catastrofiche.

Luca Baldi, canellese,  38 anni, vive in Giappone dal luglio del ‘97; sposato con  Nao con la quale ha un figlio, Stefano, lavora in un ristorante italiano come manager di sala, a Tokio, a pochi chilometri dal luogo in cui risiede, Nakameguro, una zona centrale della metropoli nipponica.
Come sei arrivato in Giappone?
“In Giappone sono capitato un po’ per caso; dopo gli studi presso l’Istituto Alberghiero di Agliano Terme ho lavorato per anni sulle navi della Corsica Ferriers; un giorno mi si è presentata l’opportunità di trasferirmi qui ma mai avrei pensato di fermarmi così a lungo; poi gli anni passano veloci e nel frattempo ho pure trovato l’amore, quindi ho deciso di stabilirmi definitivamente e di crearmi una famiglia”.
Come ci si abitua a vivere in un Paese tellurico?

Luca ci racconta che dopo i primi tempi la convivenza con le frequenti scosse telluriche è  diventata quasi una consuetudine; venerdì scorso, invece, anche lui ha subito compreso che stava accadendo qualcosa di più grave: “Ero al ristorante con tutto lo staff, stavamo per pranzare quando, verso le 14.45, i lampadari hanno iniziato a oscillare (il locale è al pian terreno, quindi solitamente le scosse non si avvertono, n.d.r.); ho pensato per un attimo di essere già ubriaco, ma non avevo ancora bevuto  quindi ho accantonato l’idea e ho pensato al terremoto. Fin dall’inizio abbiamo capito che si trattava di una scossa diversa dalle precedenti: durava più del solito e soprattutto aumentava e aumentava, fino a farci uscire in strada  per renderci conto che tutto intorno a noi ballava, oscillava, le strade sembravano tappeti volanti, i palazzi erano come ramoscelli”.? Tutto questo per circa due minuti, per poi calmarsi e ripetersi per un altro minuto”.

Quale è stata la tua prima preoccupazione?
La mia prima preoccupazione e’ stata la famiglia, ma telefonare era impossibile; danni evidenti in zona non se ne vedevano, ma era troppo superfluo dare un giudizio;  a primo avviso i palazzi avevano tenuto e ho subito pensato: “meno male che sono in Giappone e la speculazione edilizia non e’ come in Italia: non dico che non ci sia, ma qua si accontentano e fanno le cose a norma”, ed  infatti la morte di migliaia di persone è stata causata dallo tsunami, non dal crollo di abitazioni in seguito ai movimenti tellurici” .?Così sono salito sulla mia moto e ho raggiunto casa; lungo il tragitto ho percepito un grande spavento generale e tanta gente fuori dai palazzi con una organizzazione e calma impressionante, quasi quanto il terremoto; erano tutti ordinati e con la consapevolezza di saper gestire la situazione. Sicuramente fanno esercitazioni, ma la realtà è sempre diversa; qui invece tutto era efficace e funzionale fin nel minimi particolari: il servizio d’ordine che indirizzava le persone, tutti con elmetto e kit d’emergenza, ma soprattutto una massa di persone che non cercava di sopraffarsi l’un l’altro ma che stava al proprio posto, in perfetto ordine. Ora a Tokyo si risente del fatto che i servizi non funzionano bene, la corrente è razionata e molti scaffali nei supermercati sono vuoti; inoltre benzina, riso, pane e prodotti alimentari liofilizzati cominciano a scarseggiare, mentre verdura, frutta, carne e pesce al momento sono reperibili”.

Milo Pagliarino