Due progetti editoriali appena portati a termine per Feltrinelli, con il Piemonte nel cuore e nella penna: il canellese Marco Drago tornerà in libreria l’8 maggio con “Baladin. La birra artigianale è tutta colpa di Teo” e, nell’attesa, il terzo volume del suo “La vita moderna è rumenta” può essere scaricato nel formato digitale della collana Zoom. Così, tra tante vite comuni di Cassinasco, una Spoon River dei giorni nostri dove le voci del passato e del presente si intrecciano a restituire l’immagine di un’epoca intera, e l’incredibile vicenda di Teo Musso, inventore del marchio Baladin, noto per le sue birre artigianali di qualità e per i “brewpub” che stanno aprendo in tutto il mondo, Drago si destreggia con eleganza tra il romanzo corale e la biografia. “Baladin. La birra artigianale è tutta colpa di Teo”: come è nata l’idea per questo libro? “E’ stata un’intuizione dell’editore, nella persona di Raffaele Scelsi che si occupa di saggistica. E’ andato a Piozzo a Casa Baladin ed è tornato entusiasta, con l’idea di raccontare questa storia. Così Feltrinelli ha chiesto a un autore della sua scuderia, piemontese di collina, di scrivere di Teo Musso. Io non conoscevo Musso, non ero neanche particolarmente interessato alla birra artigianale, ma ci siamo trovati simpatici in fretta e abbiamo lavorato insieme, anche tanto. Per un paio d’anni ho seguito la vita frenetica di Teo, sempre in giro. Sulla copertina del libro Teo Musso e io figuriamo come coautori: tutta la parte virgolettata, che è una grande parte, deriva dallo sbobinamento dei discorsi di Teo. E’ un libro che lo fa parlare molto”. Che taglio hai deciso di dare in questo lavoro alla vita di Teo Musso? “Non mi interessava la sua bella favoletta classica. Ho dovuto farlo spaziare su molti argomenti prima di arrivare a farlo confessare. L’idea era quella di una biografia romanzata, costruita con una certa attenzione al montaggio e alla forma. Sul genere di quella di Agassi, scritta dal ghostwriter Moehringer, che è un premio Pulitzer, o quella di Edouard Limonov scritta da Emmanuel Carrère. Quella di Teo è la storia di un uomo che gira molto ma torna sempre a casa con qualcosa da far fruttare. Uno che ha visto moltissimi posti ma non si è mai spostato davvero dalla sua Piozzo e che da quando è nato cerca con tutte le sue forze di far fiorire qualcosa in un paese di teste quadrate, nella provincia di Cuneo, da cui se hai un minimo di aspirazioni te ne devi andare e invece lui ci ha portato prima una fidanzata francese e poi una moglie algerina e poi ancora una moglie marocchina”. Il Piemonte classico che invece si respira nei tre volumi de “La vita moderna è rumenta”… “Sono ritratti di contadini, preti, medici, alcolisti, pazzi. Alcuni morti, altri ancora vivi. Con questo lavoro ho voluto fare il punto sui personaggi che ho conosciuto in una quarantina d’anni di frequentazione di Cassinasco, dagli anni Settanta a oggi. Per alcuni ho usato i veri nomi, per altri no. Ho cercato di adottare uno stile e un linguaggio comprensibile, da provincia, un po’ come un verbale di polizia ma meno burocratico, guardandomi sempre dall’esprimere sentimenti o opinioni. Parlo con lo stesso tono freddo e distaccato del tossico che rubava alla gente per procurarsi le dosi o della nonna del mio amico Stefano che accudiva tutti i bambini del paese. Dico quello che è essenziale dire senza giudizi morali, per trasmettere un’idea precisa del ruolo che certi personaggi avevano in un paese in cui tutte le maledizioni o le benedizioni erano legate ai cognomi che si portavano dalla nascita, in cui se non ci si ribellava si finiva per essere per tutta la vita niente di più che il figlio di qualcun altro”. L’intervista completa è disponibile sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da oggi, venerdì 19 aprile 2013. MN