Dopo il no al Teleriscaldamento, ora punta al sì dei cittadini. Massimo Cerruti, già tra i portavoce dell’opposizione al discusso progetto, è candidato sindaco per il Movimento 5 Stelle. La sua campagna elettorale, che ha visto anche numerosi attacchi ai “poteri forti cittadini”, si basa su progetti pensati per migliorare l’efficienza di quanto già esistente e distribuirne quanto più possibile i benefici tra i cittadini. Come è nata la sua candidatura alla carica di sindaco? “Tutti ad Asti sanno che ho iniziato ad impegnarmi con la battaglia contro il Teleriscaldamento, e dopo due anni i ragazzi del Movimento Cinque Stelle mi hanno notato e chiesto se potevo dargli una mano. Gliela ho data con lo scopo di fare qualcosa di positivo per la città, e sei mesi fa gli attivisti di Asti nel corso di una riunione hanno deciso di indicare me come candidato sindaco; dopo una breve riflessione, ho accettato volentieri”. Dai mezzi di comunicazione spesso abbiamo appreso di candidati sindaci pentastellati scelti dopo una votazione tramite Internet (le “comunarie”). Perché in questo caso ad Asti non si è proceduto in questo modo? “Ad Asti di fatto le “comunarie” non si sono svolte su Internet, ma fisicamente. C’è stata una grande partecipazione per una città come Asti, che ha espresso un voto unanime sulla  mia persona”. Nel suo programma riguardo il lavoro e il commercio sembra emergere l’impressione del “piccolo è bello” con un unico, grande progetto che riguarda l’ex ospedale. Conferma questa impressione? “L’unica grande opera che ci sentiamo di potere affrontare, garantendo le risorse finanziarie, è il recupero del vecchio ospedale per trasformare quest’opera degradata e non più riutilizzabile (almeno la parte più recente) in uno spazio aperto per i cittadini collegato con i giardini e la piazza vicini. A parte questo, pensiamo che le grandi opere che richiedono gravi impegni finanziari non siano molto utili ai cittadini astigiani. Meglio cinquanta piccole-medie opere che creano lavoro e un giro di denaro che rimane sul territorio. Nelle ultime settimane sono entrato in almeno 300 negozi per avere il polso della situazione; almeno la metà dei proprietari mi ha comunicato l’intenzione di chiudere presto o nei prossimi mesi se la situazione non cambierà. Noi ci siamo sempre schierati a favore dei piccoli negozi e dei mercati rionali perché sono loro a tenere aperta e viva la città. L’intenzione è quindi quella di dire no a ogni nuovo progetto di centro commerciale in periferia, come Agrivillage e Porta Del Monferrato”. L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 9 giugno 2017 Mi. C.