Venerdì 5 aprile si è svolta la seconda edizione della manifestazione Cinemafie, rivolta alla popolazione astigiana e in particolare agli studenti delle scuole. Presenza importante di questa edizione è stato Pino Maniaci, giornalista siciliano. Proprietario dal 1999 della rete televisiva comunitaria Telejato con sede a Partinico (Palermo), negli anni Maniaci ha fatto del telegiornale della rete una tribuna da cui lanciare dure e documentate accuse contro le azioni mafiose nei comuni limitrofi raggiunti dal segnale. Le notizie di Telejato, nella cui redazione sono impegnati anche la moglie e i figli del direttore, sono stati più volte ripresi da media a diffusione nazionale. Nel 2008 Maniaci ha subito una pesante aggressione fisica e l’incendio della sua auto, minacce a seguito delle quali è stato posto sotto tutela dai carabinieri. Oggi lei è qui a parlare con degli studenti scolastici del Nord Italia. Come ha trovato il suo uditorio? Parlare con i ragazzi per me è molto importante. Loro possono accendere i riflettori sulle infiltrazioni mafiose poco raccontate, soprattutto al Nord. Oggi ho trovato un auditorio molto attento. Il lavoro di Telejato è  un’esperienza di informazione locale che più volte ha raggiunto ribalte nazionali. Ne può ripercorrere sinteticamente la storia? Nel 1999 rilevo Telejato, tv di partito che stava per chiudere. Abbiamo deciso di raccontare il territorio di Partinico e dei comuni vicini raggiunti dal segnale. Ovviamente tutto mi sarei aspettato tranne di finire sotto scorta. Fare il semplice lavoro del giornalista ci ha portato inconvenienti come minacce, macchine bruciate, intimidazioni fisiche e piani per farmi fuori. Abbiamo comunque deciso di andare avanti e continuare questa battaglia. In questa avventura ci ho infilato tutta la famiglia, e forse Telejato funziona proprio perché è a conduzione familiare oltre alle decine di ragazzi collaboratori. In quasi 15 anni di attività  dal suo osservatorio sul territorio ha notato dei cambiamenti nel rapporto delle popolazioni con la mafia? La buona informazione, come diceva Giuseppe Fava, incide. Oggi abbiamo persone che denunciano e rifiutano di pagare il pizzo, al punto che abbiamo anche costituito un’associazione antiracket. Il risultato che volevamo ottenere era che la gente denunciasse e si ribellasse alla prevaricazione, quindi siamo sulla buona strada per liberare un territorio. Michele Cascioli