Incontro domani, martedì 27 novembre, fra i lavoratori precari della Aress, l’azienda regionale per i servizi sanitari e i consiglieri regionali. L’obiettivo dell’appuntamento, richiesto dai dipendenti dopo che nei giorni scorsi è stata votata la chiusura dell’Agenzia da parte della I Commissione, è quello di far capire che l’Aress. non deve essere visto come un costo, bensì come una ricchezza per il Sistema Sanitario piemontese. “Per meglio comprendere il significato di questa affermazione, occorre spiegare che cosa fa effettivamente l’Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari e, soprattutto, chi vi lavora – scrivono i dipendenti -. Ogni anno l’Assessorato alla Tutela della Salute e Sanità, mediante un documento chiamato Piano di Attività e Spesa, fornisce all’Agenzia le linee guida relative alle attività che deve svolgere e ai progetti che deve sviluppare per conto dell’Assessorato stesso; l’Aress svolge, pertanto, un’azione di supporto tecnico-scientifico all’Assessorato e di supporto metodologico alle Aziende Sanitarie Regionali. L’attività dell’Agenzia è molto ampia: si va dall’Accreditamento alla Logistica, dall’Edilizia Sanitaria alla Formazione ECM, dalla Qualità al Rischio Clinico passando per l’HTA, la Gestione delle Tecnologie Sanitarie, i Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA) e lo Sportello Io scelgo la salute con l’annesso portale Internet, per arrivare poi allo studio dei costi standard e alla riforma sanitaria”. Secondo i dati forniti dai lavoratori all’interno dell’Agenzia lavorano stabilmente 46 precari. “Questo non è un infelice bisticcio di parole, ma la realtà – continuano i dipendenti -. Con contratti che durano da anni, alcuni addirittura da 5 o 6, operano infatti 30 interinali, 9 borsisti e 7 Co.co.co. Questi 46 lavoratori precari hanno maturato nel corso del tempo una professionalità molto specifica e specialistica, professionalità difficilmente reperibile nel mercato del lavoro nonostante la grande offerta di risorse”. Secondo i dipendenti chiudendo l’Agenzia, queste persone perderebbero automaticamente il loro posto di lavoro e la Sanità un insostituibile patrimonio di esperienze e conoscenze professionali con una ricaduta negativa sulla qualità dei servizi sanitari a spese dei cittadini. “Se la chiusura dell’Aress serve per creare un precedente per poter poi chiudere dei colossi come, ad esempio, il Csi Piemonte, e far così credere alla cittadinanza che nel suo interesse si stanno tagliando i costi della P.A., si sta commettendo un grave errore – concludono -: il cittadino, nonostante la crisi, ha diritto a ricevere dei servizi di qualità!”