Una soluzione per i piccoli ex imprenditori pensionati, la cui azienda non ha resistito alla crisi ed è fallita e che, secondo la legge, non possono avere un conto corrente su cui ritirare la loro pensione; e agevolazioni per pagare l’Imu che rischia di pesare in modo drastico sul bilancio delle famiglie italiane.
Sono due temi delicati su cui Roberto Marmo, parlamentare astigiano, ha presentato rispettivamente un ordine del giorno, che è stato accolto dal Governo Monti, e un emendamento.
Imprenditori pensionati “esodati” dalle banche
Il Governo ha accolto oggi (19 aprile 2012) l’odg con il quale Roberto Marmo ha chiesto al Governo la costituzione di un tavolo di lavoro con Abi e Bancoposta per trovare una soluzione alla situazione degli ex imprenditori pensionati reduci da un fallimento della propria impresa e che per legge non possono avere un conto corrente su cui accreditare la propria pensione.
Dichiara Marmo: «In Italia sono, purtroppo, numerosi gli ex artigiani, commercianti, le piccole partite Iva individuali, che sono state dichiarate fallite o che sono in attesa di sentenza da parte del Tribunale Fallimentare. E sono molti anche gli individui di cui sopra ad essere in età pensionabile e percettori di una pensione mensile superiore ai mille euro. Alla luce del decreto cosiddetto di “semplificazione fiscale” dall’1 luglio 2012, però, le pensioni superiori ai mille euro al mese, possono essere incassate solo attraverso accredito su conto corrente bancario o postale.
Tuttavia in base ai contenuti del R.D. 16 marzo 1942 (legge fallimentare) ed alle norme del Codice Civile in materia di revocatorie, ai soggetti dichiarati falliti il sistema bancario non concede l’apertura di conto corrente e qualora sia già in essere viene revocato. E quindi queste persone si vedrebbero impossibilitati a percepire la pensione mensile, magari unico mezzo di sostentamento. In questo senso ho chiesto che il Governo – il quale ha accolto la mia richiesta – convochi un tavolo tecnico con i vertici di Abi e Bancoposta al fine di trovare una soluzione».
Imu “spalmabile”
«Se l’importo dovuto per l’importa municipale unica dovesse superare i 500 euro, dovrebbe essere rateizzata in importi mensili per un periodo massimo di 12 mesi» È quanto prevede un emendamento al decreto semplificazioni fiscali presentato dal deputato di Popolo e Territorio, Roberto Marmo, componente della Commissione Bilancio della Camera.
Se accolto, il provvedimento consentirebbe ai contribuenti di pagare l’imposta reintrodotta dal Governo Monti in “comode” rate, evitando così un aggravio eccessivo sulle finanze già particolarmente disastrate delle famiglie italiane. Il dispositivo prevede, infatti, che il Direttore Generale dell’Agenzia delle entrate emani un provvedimento per definire le modalità e i criteri per accedere alla rateizzazione dell’imposta dovuta.
«Un via libera a questo mio emendamento – spiega Marmo – andrebbe incontro alle esigenze delle famiglie italiane particolarmente colpite dalla difficile congiuntura economica, molte delle quali si trovano in condizioni di difficoltà tali da non poter pagare l’imposta neanche in tre rate».
«E’ chiaro che con il pagamento dell’imposta municipale in un’unica soluzione – prosegue Marmo – le famiglie avrebbero subìto un colpo durissimo che ne avrebbe ulteriormente diminuito la capacità di spesa. Avremmo corso il rischio di aggravare le già precarie condizioni nelle quali versano gli italiani a causa della sempre più cronica mancanza di lavoro e del costante aumento dei prezzi, in particolare dei carburanti»
«Pur nella consapevolezza della ineludibilità dei provvedimenti fin qui varati, e di dover perseverare sulla strada delle riforme – sottolinea il parlamentare -, Governo e Parlamento hanno ora il dovere di coniugare il rigore con l’abbassamento della pressione fiscale, in particolare quella a carico delle fasce sociali, come quella dei lavoratori dipendenti, che le tasse le hanno sempre pagate. Auspichiamo, pertanto, – chiude Marmo – che l’annunciata costituzione del Fondo per lo sgravio fiscale, possa diventare una realtà non appena vengano concretamente incassati i proventi derivanti dalla lotta all’evasione».
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