La riforma sanitaria è stata, ieri, ufficialmente proposta dal ministro Renato Balduzzi: dal 2014 non esisterà più il ticket sanitario e lo stesso dovrebbe essere sostituito da una franchigia dal 2 al 4 per mille sui redditi lordi famigliari per tutte le prestazioni sanitarie, rimuovendo inoltre le esenzioni per patologia.
“Stabiliremo una quota che verrà pagata in relazione al reddito. Oltre un certo limite scatta per tutti la gratuità. Il limite sarà tecnico (ossia valutando sia il reddito che la patologia n.d.R.) e servirà anche per dissuadere i comportamenti di inappropriatezza”.
Le misure devono tuttavia passare il vaglio di Governo e Regioni e proprio in queste sedi potrebbero sorgere le prime divergenze, sia con i governatori che con il ministro dell’Economia Vittorio Grilli.
Secondo Balduzzi la franchigia risolverebbe le problematiche legate alle esenzioni non legate al reddito e risponderebbe appieno a criteri di “trasparenza, equità e tendenziale omogeneità”. Ma c’è chi dice no.
“La proposta è assurda e irricevibile, – è il monito del Codacons – perché finirebbe per danneggiare enormemente i cittadini che pagano onestamente le tasse”.
I dubbi del Codacons sono suffragati da uno studio, condotto dall’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari), che sarà presentato nei prossimi giorni.
Secondo l’agenzia un’eventuale franchigia al 3 per mille sul reddito lordo si tradurrebbe in 30 euro l’anno per un pensionato con 10.000 euro di reddito fino ad arrivare a 300 euro per un reddito di 100.000 euro. Il tutto senza dimenticare che in questo modo nessuno sarebbe esentato dal ticket e in un Paese che vanta il più alto tasso di evasione fiscale in Europa (nel Piemonte si calcola un’evasione del 26,1% – fonte: Contabilità nazionale liberale, Luca Ricolfi, 2006) il rischio è che il rimando al reddito dichiarato favorisca i “furbetti del quartiere” che potrebbero così usufruire del servizio a basso costo rispetto ai reali compensi percepiti.
Le franchigie saranno definite con certezze solo in autunno mentre per ora è al vaglio il maxi-decreto sulla sanità che tra i punti più importanti annovera la revisione dell’intramoenia e la ricetta elettronica.
Intanto è stato approvato l’emendamento che obbliga i medici di base a prescrivere il principio attivo in sostituzione del farmaco di marca, questo per favorire l’acquisto di medicinali equivalenti ma con un costo medio inferiore di 1-2 euro.
Questa agevolazione non interesserà i malati cronici già sottoposti a terapia, nella maggior parte dei casi anziani e quindi abituati anche all’aspetto visivo del medicinale.
Pronta la levata di scudi dei medici di famiglia: “Il maxi-emendamento – sostiene il segretario della Federazione dei medici di medicina generale Giacomo Milillo – é peggiorativo; ostacola infatti ancora di più l’attività prescrittiva del medico, determinandone un aggravio del lavoro e in sostanza, rispetto all’emendamento iniziale, non cambia nulla”.
Lo stesso malumore viene manifestato anche da Farmindustria, che in una nota precisa: “Con l’impostazione confermata anche con il maxiemendamento al decreto sulla spending review, ha vinto la demagogia e l’ideologia anti-industriale”.
Fabio Ruffinengo
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