Tre mastodonti a Bologna raccontano la storia del Villafranchiano
EVENTI E CULTURA
Chi sa che nel più antico museo geo-paleontologico italiano, a Bologna, sono conservati tre esemplari di mastodonte ritrovati nell’Astigiano? Uno, studiato dagli esperti di tutto il mondo, è immenso e completo: lungo 7 metri e alto 3. Uno spettacolo. Ma gli esemplari come sono arrivati lì?
Curiosità e scoperte si leggono nella sesta puntata di “Fossili e Territori”, ciclo narrativo scritto dalla giornalista Laura Nosenzo e pubblicato da oggi sul sito www.astipaleontologico.it. Protagonisti i grandi vertebrati terrestri del Villafranchiano, riconosciuto a livello mondiale dagli studiosi di geologia e paleontologia per le importanti scoperte avvenute, tra l’Ottocento e il Novecento, nella zona di Villafranca: qui, come a San Paolo Solbrito, sono stati estratti dalla terra scheletri di mastodonti (Anancus arvernensis) mentre a Dusino San Michele e Roatto sono emersi i rinoceronti (Stephanorhinus jeanvireti). Tutti conservati al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, chiuso al pubblico da tempo.
Al Museo “Giovanni Capellini” di Bologna, invece, davanti ai mastodonti dell’Astigiano i visitatori fanno la fila e i paleontologi di tutto il mondo scrivono ricerche scientifiche. Quello che, nella sala “Elefanti e Balene”, domina sul resto delle collezioni è l’esemplare ritrovato nell’Ottocento a Ca’ dei Boschi di Valle Andona, la piccola frazione di Asti conosciuta, a livello internazionale, per i fossili del Mare Padano. Fa la sua figura anche il reperto estratto a Cinaglio, di cui sono esposti le quattro grandi zampe e il cranio con le zanne innestate.
Fu il geologo Giovanni Capellini ad acquistare per 12 mila lire, nel 1880, i tre esemplari dal collezionista piemontese Filippo Cantamessa. “Non sfugge – scrive Laura Nosenzo – l’importanza del luogo: questo è l’unico museo in Italia a esporre al pubblico le testimonianze del nostro territorio”. Una storia con un gran bel finale, legata ai mastodonti conservati a Bologna, viene svelata dal paleontologo Piero Damarco, conservatore del Museo Paleontologico di Asti.
Commenta Gianluca Forno, presidente del Distretto Paleontologico dell’Astigiano e del Monferrato, promotore del ciclo di racconti online: “La storia incredibile dei grandi vertebrati terrestri del Villafranchiano trova, nel racconto di ‘Fossili e Territori’, elementi sorprendenti e riscontri puntuali sul passato preistorico dell’Astigiano. Il valore identitario e storico-scientifico dei luoghi in cui viviamo è indiscusso: se da un lato l’obiettivo è quello di valorizzarli, dall’altro sarà importante avviare forme di collaborazione con il Museo Capellini”.
Molti significativi i contributi degli esperti intervistati: il paleontologo Giulio Pavia, gli ex conservatori del Museo Capellini (Carlo Sarti) e del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino (Daniele Ormezzano), l’attuale conservatrice del museo bolognese Michela Contessi. Importanti anche le esperienze avviate nell’Astigiano (come quella sugli Amici di Rino a Dusino San Michele) o i progetti allo studio per far conoscere di più il Villafranchiano (Distretto Diffuso del Commercio della Valtriversa-La Valle del Mastodonte). Segnalati anche i reperti conservati al museo astigiano.
La puntata completa si può leggere sul sito www.astipaleontologico.it insieme agli altri cinque racconti precedenti.
Di impatto le fotografie, che corredano il pezzo online, sull’epoca dei ritrovamenti e i luoghi, oggi, in cui furono scoperti i grandi vertebrati terrestri, vissuti da 3,4 milioni a circa 1,2 milioni di anni fa.
La rubrica, promossa in collaborazione con il Parco Paleontologico Astigiano, anche in questa sesta puntata segnala sei luoghi con altrettante storie particolari: la chiesa di Madonna della Neve (Villafranca), l’Ecocampus bialbero (Dusino San Michele), il Castelrosso (Ferrere), i sentieri della nocciola (Castellero), il viale della Rimembranza (Montafia), il murales di Ascanio Cuba (Settime).
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