Nell’ultima settimana la Questura e la Sezione Polizia Postale di Asti hanno acquisito diverse querele provenienti da rappresentanti delle istituzioni che hanno denunciato un uso improprio dei più noti social network, finalizzato a ledere sia l’immagine dell’ente rappresentato sia la reputazione personale.
Gli investigatori della Polizia Postale di Asti hanno già proceduto a deferire all’Autorità Giudiziaria quattro soggetti dell’Astigiano, alcuni già gravati da precedenti di polizia, per post e commenti di chiaro rilievo penale; le attività di indagine, ad oggi in corso, consentiranno di approfondire i profili di responsabilità sottoponendo all’ufficio giudiziario procedente tutti gli elementi investigativi utili per ricostruire le condotte virtuali delle persone denunciate.
La gestione dell’emergenza sanitaria determinata dall’epidemia virale da COVID – 19 richiede un’azione coordinata di molteplici enti istituzionali che sono chiamati, ciascuno per le proprie competenze, a fornire un apporto specialistico affinché la cittadinanza venga continuamente assistita e supportata.
Nello specifico, l’attività della Polizia Postale e delle Comunicazioni è orientata a prevenire e, se del caso, reprimere i reati che hanno come contesto di manifestazione la rete internet. Tale panorama è diventato oggi molto articolato ed include ad esempio diffusione di malware tipizzati, frodi nel contesto dell’ e-commerce, false campagne di raccolta fondi a danno di enti ospedalieri e propagazione di fake news insidiose per la tutela dell’ordine pubblico.
Di notevole rilievo per le inevitabili conseguenze sull’opinione pubblica sono inoltre le campagne diffamatorie svolte a mezzo social network contro enti impegnati nell’erogazione di servizi di pubblica utilità, indispensabili per garantire al cittadino la doverosa vicinanza nelle contingenze quotidiane; in altri termini, si è riscontrato in molte circostanze una carica verbale aggressiva arricchita di insulti, accuse calunniose nonché vere e proprie minacce. Il contesto virtuale è uno spazio dove di frequente gli utenti cedono a manifestazioni di “hate speech” o linguaggio dell’odio poiché ritengono di essere protetti da un presunto anonimato ed inoltre ignorano, grazie allo schermo del web, le possibili reazioni emotive dell’interlocutore offeso; tali messaggi integrano nei casi più gravi vere e proprie fattispecie di reato, particolarmente serie se addirittura includono minacce di morte o forme di istigazione a commettere delitti.
Nel merito, un accurato e permanente monitoraggio del web verrà svolto di iniziativa degli uffici di Polizia specializzati affinché gli strumenti comunicativi offerti dai social network e dalle chat di istant messaging non vengano impiegati per condotte e finalità difformi dalla legge.