Dieci anni di carriera fuori dalle consuete logiche di mercato, sei album per tre etichette, un’antologia (“Ingrediente Novus”, La Tempesta / Venus) e l’annuncio del ritiro dalle scene.
Moltheni (nome d’arte ispirato da una farmacia di via Sardegna a Milano), cantautore rock tra i più significativi in Italia, si esibirà il 23 giugno alle 20,30 nel Cortile di Palazzo Ottolenghi per l’Indi(e)avolato Fest 2010, affiancato da Il Disordine delle Cose e i Med i Itali.
Lo abbiamo intervistato per farci raccontare l’ultimo lavoro e un bilancio di questi dieci anni.
Attorno a cosa ruotano le scelte di “Ingrediente Novus”?
Onestamente non ce lo siamo chiesti: non può essere considerato un album ma una raccolta speciale, con un altissimo livello di prestigio artistico. Enorme è stato il lavoro di Antonio “Cooper” Cupertino delle Officine Meccaniche di Milano nonché quello di Giacomo Fiorenza alla produzione, ma la scelta più controcorrente è stata quella di registrare tutto di nuovo, per consentire ai vecchi brani di vivere una nuova vita e definitiva.
Come mai ha deciso di realizzare un best of, con questo nuovo arrangiamento?

Perché, in un’ottica ciclica, questo era il momento giusto. Addirittura, a poche settimane dalla fine, è sembrato quasi un segno del destino, dove certe posizioni e pensieri si sono allineati su questo ultimo e definitivo lavoro. I nuovi arrangiamenti sono nati da soli, come semplice conseguenza dell’esser tornati in studio appositamente per registrarli di nuovo.
A quale dei brani dell’album è più affezionato?
A “Per carità di stato”: suona attuale, vero, epico.
Come descriverebbe la sua carriera e il suo modo di fare musica?
La mia carriera è una goccia in un fiume verde, scorre con lui e ogni tanto si ferma, s’asciuga al sole e poi si ributta nell’acqua, per perdersi. E’ fortemente legata al mio modo di concepire la musica e di scriverla; per me comporre è respirare, pur restando molto legato a una certa metodologia che ho sempre mantenuto negli anni.
Come è cambiata l’industria discografica rispetto ai suoi esordi?
E’ cambiata esattamente come era scritto nel suo destino, ognuno intenda ciò che vuole intendere. Le uniche forme di salvezza sono le realtà indipendendi che badano solo alla qualitè come La Tempesta Dischi. Per la discografia moderna pilotata dalle major non c’è futuro, e se ci fosse sarebbe nero.
Che giudizio dà della scena indipendente attuale?
Non riesco a giudicarla più di tanto dal momento che non la seguo, né mi affascina farlo. E’, di base, un flop, perché gestita spesso da persone inadeguate e con un ego esagerato, che danneggia la musica e il suo significato più ampio. PEr non parlare delle insicurezze e dell’assenza di professionalità degli addetti ai lavori: bisognerebbe fare un esame di coscienza.
Cosa consiglierebbe a un giovane che volesse intraprendere oggi la carriera musicale?
Non darei consigli, non sono in grado. Potrei solo pregarlo di fare buona musica e di non diventare uno scemo, come la maggior parte dei musicisti italiani.
Si parla del suo ritiro dalle scene: da cosa dipende questa decisione? E’ solo un arrivederci?
E’ un congedo. Moltheni non ha più nulla da dire, credo sia stato molto amato ma anche maltrattato e sottovalutato nel tempo. E’ un arrivederci perché continuerò a fare il musicista, ma non so ancora con quale progetto o in quale forma.