Si intitola B.I.S. come “baciarsi in silenzio”, ma potrebbe significare anche “basta ingiustizie sociali” oppure “buy instead of stream-download” o ancora “bere in solitudine”.

Ma il titolo si riferisce anche al fatto che è il secondo album del cantautore astigiano Jacopo Perosino. “Il bis – spiega – è un momento importante per un artista: arriva in coda allo spettacolo, prima di congedarsi, quando il pubblico vuole sentire suonare ancora una canzone e all’interprete tocca sfoderare le migliori carte del mazzo, le più sofferte. Il bis nel concerto è l’ostensione della carne artistica, l’Ecce homo in musica. Se non lo chiedono, se non lo vogliono, è stato tutto vano”.

Undici brani, undici storie, che girano intorno al tema della paura. Di amare, di morire, di lottare, di fallire, di spezzare catene ataviche, di perdere la motivazione; di tradire ideali, radici, compagni. Perosino racconta dei suoi eroi, taluni famosi ed universali talaltri sconosciuti e un poco freak, che “però – dice lui – mi hanno salvato inconsapevolmente la vita”. “Volevo un disco passionario, politico, nel quale riversare tutta la solitudine del singolo che vaga in cerca del suo completamento perfetto, l’altra metà della mela, la sintesi dell’incontro tra la materia spirituale e quella corporale, una dimensione doppia che talvolta si moltiplica e si fa massa per abbattere muri e spezzare catene. Tra queste storie vi sono anche pagine autobiografiche, intese come autobiografia delle emozioni piuttosto che cronaca di fatti reali e personali che non credo siano così interessanti quanto le piccole suggestioni, alcuni colori e certe ombre. Ho provato a catturarle con onestà, lasciando perdere il reale per raccontare qualcosa di vero”.

L’album, prodotto da Marco Corrao con lo spesso Perosino, segna anche un cambio di passo musicale rispetto al primo lavoro discografico; le sonorità sono più asciutte e acide, con l’intervento dell’elettronica a creare ambientazioni lo-fi e underground. I suoni traggono ispirazione dalle musiche del Nord e del Sud America, che non si mescolano ma si guardano a distanza, ben radicate nei rispettivi paesaggi. Da una parte il blues, il folk, il jazz, il funky, l’r&b, il trip hop e dall’altra la bossa nova, la rumba, la milonga.

La coerenza estetica è stata raggiunta attraverso la creazione di stanze sonore sintetiche, così da disegnare l’arrangiamento come un incontro tra due anime, quella analogica e quella elettronica. Il nord e il sud. il passato e il presente”.

B.I.S esce per Suoni Indelebili, dinamica e innovativa etichetta siciliana, un branch di Indelebili Communication, nata da un idea di Adriano Lo Presti, Marco Corrao, Davide Campisi e Andrea Ensabella. Un giornalista, un produttore artistico, un musicista ed un sound designer che mettono le proprie capacità e le proprie competenze a servizio di un suono caratteristico, riconoscibile, sempre alla ricerca della bellezza contenuta nell’espressione artistica musicale, un Suono Indelebile.

B.I.S. traccia dopo traccia (la guida all’ascolto a cura di Jacopo Perosino)

1) BIS

La fine dello spettacolo è la fotografia di un artista solo di fronte alla massa che gli chiede di continuare a suonare, senza domande né interruzioni. Mentre qualcuno scrive la storia a costo della propria dignità o della propria vita, noi dove cazzo siamo? Nessuno è assolto e nessuno è libero veramente; come i musicisti di un’orchestra che avrebbero tutto il potere della musica nelle loro mani ma restano fedeli al dogma dello spartito, schiavi degli ordini del direttore.

Ma il canto è cosa antica e arriva dall’urgenza, nasce dalla libertà e ad essa tende per sconfiggere la paura dell’ignoto.

2) IL CURATORE

Il curatore è la figura cui ti aggrappi per salvarti dai peggiori fallimenti. Nasce da istantanee confuse delle serate trascorse con le anime affini, quei parenti che ci scegliamo da soli e che per comodità chiamiamo migliori (o peggiori) amici. Si alimenta di storie che partono col buio e finiscono con le prime luci, come un teatro a cielo aperto, tra errori madornali che durano il tempo di un ballo e acidità di stomaco al gusto di Fernando.

3) PIOGGIA D’APRILE

In una soffitta sono conservati i ricordi di una storia d’amore infuocata e vissuta in prima linea, dalle barricate. In quella stessa soffitta l’amore trovava ristoro, a lume di candela e sulle note di Chet Baker. Era il tempo dell’utopia, delle grandi rivoluzioni di piazza e delle battaglie per una società più equa. Ora non resta che un rimpianto, immobile, condito da una voglia di pioggia che lava una città resa più grigia dai capannoni dei centri commerciali. E’ inutile sognare paradisi esotici se la realtà è cristallizzata in quella soffitta, assieme agli abiti da indossare che non sono mai quelli giusti, in un aprile che vede la piazza svuotarsi nel giorno della Liberazione.

4) ENZO

Enzo è un uomo che vive una vita normale, sempre vestito uguale con abiti lavati e inamidati al profumo di lavanda. Ogni giorno si reca a lavoro in banca e ogni sera torna dalla sua famiglia, invecchiando più del previsto. Ma Enzo una volta era una “scimmia del jazz” e con la sua tromba infuocava i dancing nebbiosi della provincia; da quando ha smesso con la musica, ogni notte, il fantasma di Charlie Parker ritorna per scombinargli il sonno a ritmo di bebop. Una notte il cuore di Enzo non regge all’ultimo colpo di cassa e si congeda dal tempo verticale per vivere la magia swing che, in fondo, non ha mai abbandonato.

5) FUGA IN PAPILLON

Nel luglio del 2019 un orso bruno, identificato con il codice M49 e stanziale nei boschi del Trentino, scappa dalla cattività cui era stato condannato per garantire la convivenza con l’essere umano. Nell’occasione, per via della rocambolesca fuga, al plantigrado viene affibbiato il nomignolo di Papillon, in onore dell’illustre ladro francese. Nelle settimane che seguono l’animale tenta in tutti modi di vivere la sua libertà nella grazia della fuga, senza arrecare danni all’uomo. Nel 2020 Papillon viene catturato e riportato in cattività. Sotto l’occhio attento dei media e con le pressioni degli ambientalisti le condizioni della prigionia vengono rese meno pesanti al fine di dissuaderlo da ulteriori fughe ma dopo alcuni mesi di silente attesa l’orso riesce nuovamente a scappare; catturato una seconda volta viene tradotto in uno spazio elettrificato dal quale riesce nuovamente e inspiegabilmente a fuggire, scavalcando una rete alta più di quattro metri. La canzone è un modesto tributo a chi ha fatto della cattività una colpa e della libertà una ragione di vita, con le zampe ancorate al suolo e il muso sempre rivolto verso le stelle.

6) NOTTE DI NATALE

E’ la sera della vigilia di Natale e nel trambusto delle chiusure aziendali e delle corse agli ultimi acquisti di regali e cibarie si muovono con insolita lentezza i protagonisti disgraziati di una storia, illuminati dalla luce intermittente di un lampione stradale. Sono un uomo e una donna che non avendo alcuna famiglia cui far ritorno, decidono di formarne una, anche solo per quella notte, così da lenire il morso del freddo e della solitudine. Con delle coperte di fortuna e gli ultimi avanzi di pane e di vino improvvisano la loro eucarestia per festeggiare la vita, solco su solco, fino all’ultima battaglia, fino all’ultima bottiglia.

7) LUCI SUDAMERICANE

Le luci del Barrio San Salvario sono custodi di segreti, talvolta di amori che nascono e muoiono al profumo di hashish e kebap arrosto. Tra queste vie, nel cuore di Torino, si avverte un eco di Sud America tra le luci colorate di una rhumerìa e il suono degli altoparlanti che rilanciano musiche malinconiche. Seduti ad un tavolino un uomo e una donna si baciano per la prima volta e già si vedono, parecchi anni dopo, senza rimpianti, nei disordini che non hanno saputo domare, con tutto l’amore che hanno saputo imparare.

  8) PERRO DE TOROS

La testardaggine, la costante abnegazione e il rifiuto di mollare tutto nonostante le difficoltà sono elementi tipici dell’artista e di un’altra specie presente in natura: il bulldog inglese.

E’ il cane delle corride che da vero dilettante allo sbaraglio sfida financo la morte nell’arena pur di non mollare la presa e mordere la vita fino al midollo. Il protagonista di questa storia si chiama Zampanò (come il saltimbanco di Fellini) ed è riuscito nella mirabolante impresa di combinare migliaia di guai salvo poi salvare la vita del suo migliore amico umano. Anche quando sembra finalmente accogliere i lumi del buon senso, non si smentisce e, come Achab con la balena bianca, sparisce in fondo ad un mare di ostinazione.

9) MALANOVIA

In un piccolo paesino a ridosso del mar Mediterraneo una giovane donna attende il ritorno di chi le regalò un anello a suggello di una promessa d’amore, prima di partire per mare nel giorno della commemorazione dei defunti. Il tempo scorre e ogni anno, a novembre, la donna ritorna a guardare quel mare, piena di speranza per un futuro di figli e consigli. Ma la banda ha smesso di suonare da un po’ e non vi sarà alcun ritorno a consolare il suo corpo senza requie.

10) LETTERE DA LA HIGUERA

Il 9 ottobre 1967 a La Higuera, un piccolo paesino andino nel cuore della Bolivia, tradito dalle genti che sperava di aiutare nella lotta all’oppressione, esala il suo ultimo respiro uno dei più grandi eroi del Novecento: Ernesto Guevara de la Serna. Negli ultimi giorni di vita il Che, deriso e umiliato da un manipolo di soldati al soldo degli americani, chiede alcuni fogli per scrivere i pensieri che obnubilano la mente di un condannato a morte. Forse si pentirà, forse ridimensionerà la sua epopea o più semplicemente confermerà ancora una volta il motto che lo guidò durante la Rivoluzione Cubana: Hasta siempre, o victoria o muerte.

11) SPREAD THE WORLD (spargi la voce)

Nel marzo del 2018 a Washington si è tenuta una marcia di sensibilizzazione contro le eccessive liberalizzazioni delle armi da fuoco, a seguito dell’ennesima strage avvenuta in un istituto scolastico. A prendere la parola, tra gli altri, una bambina di nove anni con un’eredità importante: Yolanda Renee King, nipote del reverendo Martin Luther King Jr. Il suo discorso diventa un inno per la pace e contro le politiche degli armamenti.

A partire dalle work songs dei primi nuclei di schiavi afroamericani, il canto è condivisione e desiderio di affrontare insieme la grandi rivendicazioni, come una comunità, piuttosto che come un insieme di singoli individui.