Il 25 novembre 1899 esce, sotto l’alta Benedizione del Vicario di Cristo – il Pontefice Leone XIII (1810/1903), che il ministro francese Delcassé, discutendosi la questione dell’ambasciata presso il Vaticano, definì «il Papa, le cui eminenti qualità sono riconosciute dal mondo intero e che aggiunge nuovo splendore alla Santa Sede» -, il primo numero della Gazzetta d’Asti.

Non si respirava certo aria di “buonismo”, tra i giornali (meglio sarebbe dire “fogli”, poiché composti di sole quattro pagine) astigiani di fine Ottocento: ogni pretesto era buono per “suonarsele” di santa ragione, senza sconti e senza guardare in faccia a nessuno. E i lettori non s’annoiavano mai.

Parliamo dei tre settimanali maggiori del tempo: Il Cittadino (liberale – ospitò anche alcuni interventi di Camillo Cavour –, fondato nel 1853, rivolto alla borghesia intellettuale e commerciale cittadina), Il Galletto (sorto nel 1895 per iniziativa dell’avvocato Annibale Vigna, fu il primo settimanale socialista del Piemonte meridionale) e la Gazzetta d’Asti (artefice della sua nascita era stato il vescovo bergamasco mons. Giacinto Arcangeli (1833/1909), che notevole impulso aveva deciso di dare alle iniziative promosse dall’Opera dei congressi e dei comitati cattolici).

La nostra Gazzetta nasce dunque – per usare una parola che piace molto ai giorni nostri – al centro, esposta tra due fuochi; pur essendo il “giornale dei cattolici” (anzi, forse proprio per questo), era pur sempre l’organo ufficiale della Diocesi.

«A scanso di equivoci – scriveva il vescovo di Asti, mons. Luigi Spandre (1853/1932), all’inizio del 1920 (Lettera al Clero, num.42), siamo in dovere di ribadire che l’unico organo ufficiale della Superiore Autorità Ecclesiastica e corrispondenza del Clero della Diocesi è la Gazzetta d’Asti […] Perciò vi farete doverosa premura di abbonarvi tutti alla Gazzetta d’Asti, e che fra le altre opere buone che formano l’oggetto del vostro zelo sacerdotale, amerete anche quella di diffondere nelle famiglie la nostra Gazzetta, alfine di opporre, con un po’ di buona stampa, un argine alla fiumana devastatrice della stampa perversa, che mira unicamente alla rovina delle anime».

A proposito dei suoi inizi e dei rapporti con gli altri due settimanali, credo sia curioso rileggere ciò che scrisse Il Cittadino il 1° novembre 1899: «Il fortissimo partito repubblicano, che da un po’ di tempo va rialzando la testa, prende piede proprio come il partito clericale, il quale va marciando a tutta forza pel suo cammino, mentre i partiti costituzionali tengono il fiato come le rane. Tant’è vero che i nostri colleghi dell’Indipendente di Asti hanno dichiarato di votarsi all’ideale della repubblica e pare abbiano già in pronto un candidato ad hoc da sostituire al nostro egregio rappresentante avv. Edoardo Giovanelli. I clericali intransigenti, sotto la guida del Vescovo d’Asti, pianteranno nel venturo mese un giornale di battaglia e si dice che i reverendi redattori della futura Gazzetta d’Asti saranno armati di robusti manici da scopa e di una fiala d’antisettico per combattere gli scrittori attuali, i quali spargono il veleno fra le genti ed avvelenano le coscienze cittadine. Mille grazie, reverendi! Staremo quindi a vedere quale sarà il nuovo svolgimento della nostra vita politica ed assisteremo alle guerre accanite che salteranno fuori. Però, non abituati a cambiare ogni dì il vessillo, ci manterremo coerenti alle vecchie nostre idee (è noto l’anticlericalismo de “Il Cittadino” del tempo, vicino al pensiero monarchico: siamo lontani, d’altra parte, dal Trattato dei Patti Lateranensi del 1929, che, insieme al Concordato ed alla convenzione finanziaria, avrebbe dovuto sanare la ferita aperta con la breccia di Porta Pia, il 20 settembre del 1870, tra lo Stato italiano e la Santa Sede. N.d.R.), combatteremo come e meglio potremo, e rammentiamo ai nuovi e vecchi avversari politici che dei manici da scopa e di antisettici possiamo possederne, per avventura, anche noi».

Insomma, in questo clima, che oggi ci fa un po’ sorridere, nacque il 25 novembre 1899 l’ormai ultracentenaria Gazzetta d’Asti.

Stefano Masino

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