Mai come in una realtà trafitta da guerre, trasformazioni e contrasti di ogni tipo diventa indispensabile riannodare i fili, trovare un punto di contatto tra persone di età diverse. Per questo l’edizione 2025 di Passepartout, in programma dal 3 all’8 giugno nel cortile della Biblioteca Astense, si intitola “Generazioni”. “Vediamo se riusciamo a far riscoprire la bellezza del dialogo tra giovani e adulti”, auspica Alberto Sinigaglia, direttore scientifico di Passepartout, disegnando le traiettorie su cui viaggia il festival culturale.
Cosa vi ha ispirato la scelta del tema “Generazioni”?
“Non è mai stato così necessario un confronto tra generazioni. I motivi sono tanti: in primo luogo gli 80 anni dalla Liberazione, che coincide con la liberazione delle vittime dei lager. Da una parte la conquista della libertà, dall’altra la scoperta di orrori ancora più grandi di quelli vissuti dai popoli fino ad allora. La generazione dei testimoni è quasi finita, ma sta finendo anche quella dei loro figli. Un problema fondamentale della nostra epoca è capire come ricordare quel passato”.
Intende dire che le nuove generazioni rischiano di non vivere di quella memoria?
“Esatto. E rischiano anche di non saperla interpretare o di non credere a qualcosa di sempre più lontano. Queste generazioni vivono in un mondo di confusione che non si era mai verificato prima, soprattutto a causa della velocità degli eventi. Una velocità formidabile, per certi versi straordinariamente positiva perché porta a un grande progresso medico e scientifico. Ma accanto a una tecnologia meravigliosa capace di creare telefoni e computer sempre più potenti, esiste anche una tecnologia che rende le guerre più drammatiche, più omicide”.
Alla luce di questa realtà, quali sono le sfide più urgenti che le generazioni devono affrontare insieme?
“C’è un mondo che si interroga sulla gioia delle conquiste avvenute ma con molta paura per le conquiste perdute. Nell’orbita della tecnologia, l’Intelligenza Artificiale rischia di sottrarci lavoro. E sottrarre lavoro significa sottrarre la libertà, la soddisfazione, l’indipendenza che il lavoro garantisce. Il lavoro è un valore, un elemento fondamentale della democrazia: se la Costituzione lo ha inserito nell’Articolo 1, non va considerato una pagina di storia ma un viatico per il futuro”.
L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 30 maggio 2025
Alberto Gallo