Mentre proseguono le selezioni per Scintille011, concorso promosso da Asti Teatro e rivolto alle giovani compagnie, il cui bando è disponibile su www.comune.asti.it/teatro , sabato 26 febbraio debutterà in prima nazionale al Centro Giraudi lo spettacolo vincitore dell’edizione 2010 “Come fu che in Italia scoppiò la rivoluzione ma nessuno se ne accorse”
, prodotto da Calibro 2, Il Mulino di Amleto e Titania Produzioni.
In una futura Italia del 2161 si narra di un passato molto simile all’eterna condizione di immobilità in cui il nostro paese è immerso. Molti sussurrano che le cose non siano sempre andate così, e qualcuno sostiene che ci sia stata una rivoluzione ma che sia stata dimenticata, o fatta passare sotto silenzio. Cinque attori cercano di fare luce sulla storia come è effettivamente stata, non come è stata raccontata.
Lo spettacolo è scritto da Davide Carnevali e diretto dalla giovane regista Eleonora Pippo, alla quale abbiamo rivolto alcune domande.
Come è nata l’idea dello spettacolo?
“Ho incontrato Davide al Festival Quartieri dell’Arte di Viterbo. Entrambi stavamo presentando lì un nostro lavoro: sono nati così la stima reciproca e il desiderio di lavorare insieme. ?Quando con Il Mulino di Amleto abbiamo saputo del Concorso Scintille, gli abbiamo chiesto di collaborare e siamo arrivati alla realizzazione del progetto. La molla che mi ha spinto a dirigere questo spettacolo è stata la fiducia incondizionata di (e in) un gruppo di attori che già conoscevo, nonché la modernità del tipo di scrittura di Carnevali, che mi hanno premesso di lavorare liberamente”.
Quali sono i tuoi modelli di riferimento?
“Sicuramente il teatro inglese e autori come Peter Gill e Caryl Churchill, i quali mettono la solidità delle fondamenta classiche a servizio della drammaturgia contemporanea più evoluta e raffinata senza perdere potenzialità comunicativa. E poi l’immediatezza e la semplicità della drammaturgia americana, l’originalità di registi come Peter Sellars o Bob Wilson, e, in Italia, l’umanità di Strehler e la spettacolarità degli allestimenti di Ronconi”.
Come giudichi la situazione attuale del teatro italiano e quali strade andrebbero intraprese per tutelarlo?
“Il teatro italiano rifugge dal confronto con il pubblico, con la gente: invece di raccontarla la critica o tenta di educarla. Si mette al di sopra o fuori dalla società, a volte cerca di conquistarla e quasi di fregarla, magari con lo specchietto dei nomi famosi ma impreparati o con drammaturgie ridanciane ma scadenti, oppure non la considera affatto e impone dei lavori totalmente autoriferiti. La gente, e il tempo presente,dovrebbero essere una risorsa per raccontare storie. Il mio modo per tutelare il teatro italiano è di continuare a farlo”.
Alexander Macinante