La rosa finale degli scrittori in lizza per il premio Asti d’Appello 2014 è stata resa pubblica. Proponiamo il nostro consueto giro di interviste agli autori in vista della proclamazione del vincitore che si aggiudicherà i 10mila euro del premio. A tutti abbiamo fatto le stesse domande.
Tre domande a… Francesco Pecoraro
Tre domande a
Dopo Hans Tuzzi, dal premio Comisso, autore del libro Morte di un magnate americano (Skira), Marco Polillo, in concorso con Il convento sull’isola (Rizzoli) dal Premio Cortina d’Ampezzo e Paola Mastrocola, autice di Non so niente di te (Einaudi), dal Premio Via Po, abbiamo intervistato in esclusiva per la Gazzetta d’Asti Francesco Pecoraro, che con La vita in tempo di pace (Ponte alle Grazie) è stato finalista al Premio Strega.
Pecoraro esordisce nel 2007 con la sua prima raccolta di racconti Dove credi di andare, edita da Mondadori con la quale ottiene il Premio Napoli e il Premio Berto; solo un anno dopo, torna sulla scena con un’altra raccolta, Questa e altre preistorie che racchiude le prose del suo Tash-blog, mentre nel 2012 la casa editrice Ponte Sisto rende edita la raccolta di poesie di Pecoraro dal titolo Primordio vertebrale. Nel 2013, l’autore è al suo primo romanzo La vita in tempo di pace con il quale ottiene numerosi riconoscimenti tra cui la partecipazione al Premio Strega.
Ci può parlare del suo libro in concorso?
“All’aeroporto di Sharm el Sheikh c’è un uomo che aspetta il suo volo, che ritarda. Via via che il ritardo cresce cresce anche la prostrazione dell’uomo, che è un ingegnere, e osserva cosa gli accade intorno e inizia a pensare alle questioni della sua vita, e alla vita del pianeta. In questo monologo interiore, inframezzato da pezzi narrativi raccontati da un punto di vista esterno, si rincorrono episodi della vita dell’ingegner Brandani, impegnato a ricostruire artificialmente la barriera corallina che sta morendo, e flash back che risalgono fino alla sua nascita e prima ancora della nascita”.
Come descriverebbe l’esperienza dei premi letterari in Italia?
“Ho un ottimo ricordo del premio Napoli, che vinsi con un libro di racconti, e del premio Berto. Allo Strega mi sono molto dvertito, e ho trovato interessante l’esperienza di spostarmi per l’Italia in occasione della presentazione dei miei libri, dalla Calabria a Stresa. Certo capita di non vincere i premi, e di non arrivare neanche in finale come mi è successo con il Campiello. Ma i premi non sono importanti per stabilire il valore di un libro quanto invece per promuoverlo, farlo conoscere e consentire all’autore di confrontarsi con situazioni nuove e diverse”.
Conosce gli altri autori coinvolti nel Premio e cosa si aspetta dal Premio Asti d’Appello?
“Conosco personalmente Michele Mari e Antonio Pascale. Di entrambi ho grande stima, sono autori diversissimi l’uno dall’altro, Mari è uno scrittore prolifico, scrive almeno un libro l’anno, mentre Pascale scrive meno ma sempre cose molto interessanti.
Dal Premio d’Appello non mi aspetto nulla in particolare: ho maturato una certa distanza dai risultati, e se arrivano bene, se non arrivano pazienza”.
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