Il Piemonte del vino guarda al “Vinitaly”, che domani apre a Verona. L’export tira, per gli spumanti italiani il 2015 è stato un anno record con un aumento stratosferico del 242 per cento. I n controtendenza l’Asti docg che ha fatto registrare un crollo del 30 per cento. Nel mondo del Moscato serpeggia il malessere. Negli ultimi cinque anni, come evidenziano i dati statistici nazionali che circolano da tempo, il crollo dell’export si aggira addirittura oltre il 30 per cento: venti milioni di bottiglie perdute ( da 68 milioni nel 2011 a 48,5 nel 2015). E non bastano certo cenni di ripresa da alcuni mercati a rasserenare gli animi. Mentre circolano con sempre maggiore insistenza ipotesi di riduzione delle rese per ettaro a 65 quintali come misura alla studio per affrontare la crisi ed il problema delle giacenze ormai vicine a 500 mila ettolitri. E in uno scenario niente affatto allegro che l’assessore regionale all’agricoltura Giorgio Ferrero ha convocato per lunedì prossimo una riunione della commissione paritetica della filiera del Moscato per un esame approfondito della situazione. L’ipotesi che circola con più insistenza è che si possa ricorrere ad una riduzione delle rese per ettaro, ma l’eventualità è vista come timore da molti in quanto provocherebbe una riduzione di reddito molto consistente per ciascun ettaro di vigneto andando parallelamente ad aumentare i volumi di mosto dequalificato. Tutto ciò in un contesto in cui non si colgono segnali concreti da parte dei maggiori protagonisti del settore di avviare concrete strategie di marketing a sostegno di un settore dell’enologia piemontese considerato di punta ed ora in preda a segnali di inesorabile declino. Un blog di settore come Slowine, della galassia SlowFood, a firma del curatore Giancarlo Gariglio, è arrivato a scrivere: “Insomma un disastro, un disastro che molti sostengono annunciato, ma mai affrontato con serietà. Insomma ai vertici di questa denominazione ci sono sempre le stesse facce da 30 anni, mai sentito parlare di un ricambio generazionale ?” Molte le reazioni ed i commenti sui social in sintonia con associazioni varie . Assenti i grandi protagonisti di un tempo. Quanto credono ancora nell’Asti e nel Moscato i colossi del beverage cui fatto tuttora capo i marchi storici? ( Martini, Gancia, Cinzano, Riccadonna ecc). Chi ha una strategia di rilancio vera , e voglia di investire ancora in un prodotto dell’agricoltura che rappresentata tuttora un asset fondamentale, con diecimila ettari di vigneto per l’economia di 52 comuni di tre province piemontesi come Asti, Alessandria e Cuneo? Come incoraggiare chi potrebbe investire? Chi ha la capacità di innovare una filiera stanca che trent’anni fa ha saputo essere avanti anticipando tutti con gli accordi interprofessionali ? Chi ha la capacità di affrontare seriamente la questione dell’assen
Moscato. Cassazione: “No all’allargamento della zona di produzione della Docg”
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