Chiude la Konecta: dipendenti costretti al pendolarismo
“Non hanno neanche avuto il rispetto di aspettare che passasse il Natale”. È la frase che riassume lo stato d’animo dei 412 dipendenti della Konecta di Asti, travolti dalla notizia della chiusura della sede e dell’accorpamento a Torino, scelta che coinvolgerà anche i 700 lavoratori di Ivrea.
L’annuncio è arrivato nel pomeriggio di venerdì scorso, al termine di un incontro sindacale in cui l’azienda stava illustrando il nuovo piano industriale: solo alla fine è emersa la decisione sul trasferimento.
“Sono licenziamenti camuffati – denuncia Fabio Aquilino, Rsu Uilcom –. Almeno il 70% dei lavoratori ha contratti part-time da quattro a sei ore: come si può sostenere un pendolarismo simile con stipendi così bassi?”. La situazione è ancora più grave per i 42 dipendenti in Staff Leasing, formalmente assunti da un’agenzia interinale ma operativi in Konecta: “La loro posizione è delicatissima”, aggiunge il sindacalista. Aquilino lavora in azienda dal 2002, quando l’allora cooperativa fondata da Fiorenzo Codognotto impiegava una sessantina di persone. Nel 2005 la società diventa Comdata e raggiunge, con due sedi in via Guerra, oltre 1.200 dipendenti.
Nel 2022 arriva il colosso spagnolo Konecta. “Siamo noi lavoratori ad aver fatto crescere quest’azienda, e questo è il ringraziamento – sbotta –. I colleghi sono furiosi: chiedono l’intervento delle istituzioni e sono pronti a scioperi e manifestazioni, anche ai Mercatini di Natale”. La vicenda assume subito un peso politico. “I consiglieri comunali del Pd presenteranno un’interpellanza in Comune, e il consigliere regionale Fabio Isnardi farà lo stesso in Regione – annunciano la segretaria provinciale del Pd, Elena Accossato, e il segretario cittadino, Enrico Panirossi –. Gli onorevoli Marcello Coppo (FdI) e Andrea Giaccone (Lega) coinvolgano i ministri competenti: Konecta è un gruppo da 2 miliardi di fatturato e la tenuta economica del territorio è in gioco”.
Si muove anche il gruppo UnitiSiPuò, con i consiglieri Vittoria Briccarello e Mauro Bosia: “Da anni si parla di rilancio economico, ma sono parole vuote. Ora l’amministrazione faccia ciò che non ha fatto finora: difendere Konecta e le famiglie coinvolte”.
Durissimo anche il giudizio di Stefano Calella, segretario generale aggiunto della Cisl Asti e Alessandria: “È inaccettabile che 400 famiglie astigiane e 700 di Ivrea vengano sbattute in mezzo alla strada con la scusa di un trasferimento. Siamo pronti a qualsiasi mobilitazione”. E aggiunge: “Un’azienda non serve solo a generare utili, ma a dare stabilità ai territori. Comunicare una decisione del genere sotto Natale sembra un tentativo di farla passare inosservata. Non ci riusciranno: chiederemo subito un tavolo istituzionale”. Il caso mercoledì è approdato sia in Provincia sia in Regione, quando il presidente della Provincia e sindaco di Asti, Maurizio Rasero, ha incontrato i segretari di Cgil, Cisl e Uil, Luca Quagliotti, Stefano Calella e Armando Dagna, mentre al Palazzo regionale Alice Ravinale, capogruppo di Avs, ha depositato un’interrogazione alla Giunta Cirio. “Condivido le preoccupazioni dei dipendenti e dei sindacati – osserva Rasero –. Ho già parlato con il sindaco di Ivrea, Matteo Chiantore, e abbiamo chiesto un incontro ufficiale al presidente Alberto Cirio”. La tensione cresce da quando, il 5 dicembre, la multinazionale ha annunciato la chiusura delle sedi di Asti e Ivrea e il trasferimento degli 1.100 dipendenti nella sede torinese di strada del Drosso entro giugno 2026. “Abbiamo apprezzato l’apertura al dialogo di Rasero” afferma Quagliotti. “Siamo disponibili a ogni iniziativa, ma ora la palla passa ai sindacati regionali, riuniti per definire una linea comune”. Sono già in programma richieste di incontro ai prefetti di Asti e Torino. “L’obiettivo è uno: impedire la chiusura”, ribadisce Calella. Intanto emergono criticità gravi. “La maggior parte dei dipendenti ha part-time tra le quattro e le sei ore, con stipendi inferiori ai 700 euro – spiega Marco Perello, segretario Uilcom –. Affrontare viaggi quotidiani fino a Torino significa spendere somme sproporzionate: di fatto si spinge alla rinuncia e alle dimissioni”. Il tema arriva sul tavolo del presidente Cirio. Ravinale, Briccarello e Bosia chiedono un intervento politico “per scongiurare una delocalizzazione che avrebbe un impatto enorme sul tessuto economico e sociale dell’Astigiano e dell’Eporediese”. Ravinale avverte: “Il pendolarismo supererebbe l’ora e mezza a tratta, con costi e disagi insostenibili per i lavoratori e ricadute pesantissime su territori che perderebbero centinaia di presenze quotidiane, con effetti sulla microeconomia locale”. Konecta, leader globale nei servizi di Customer Experience e Business Process Outsourcing, opera in 26 Paesi e conta oltre 130 mila dipendenti. In Piemonte è presente con tre sedi: Torino, Ivrea e Asti. Dopo la fusione con Comdata nel 2022 e il rebranding del 2024, ha perso commesse rilevanti come Tim, Generali, Iren e Fibercoop. Un anno fa azienda e sindacati avevano siglato un accordo di solidarietà per 2.700 lavoratori in 11 siti, con riduzioni d’orario fino al 25% (che può raggiungere il 45% su base mensile). “Serve un intervento immediato e risolutivo”, concludono Alberto Deambrogio, segretario regionale di Rifondazione Comunista, e i segretari dei circoli di Ivrea e Asti, Cadigia Perini e Gianmarco Coppo.
P.V.