I consiglieri di minoranza Vittoria Briccarello e Mauro Bosia di Uniti si può, intervengono sulle nuove nomine alla presidenza del Parco Paleontologico di Asti. Sara Rabellino, già sindaco di Piea e consigliere provinciale, è la nuova presidente del Parco Paleontologico astigiano, ente che presiede a tutte le aree protette del territorio. Succede a Livio Negro, ora alla guida della Fondazione CrAsti. La sua nomina maturata in seno alla Lega, ha suscitato polemiche e ora anche l’intervento dei due consiglieri di minoranza.
“Il ritardo nella nomina della presidente del Parco Paleontologico Astigiano non è stato solo una distrazione: è stato il risultato di settimane di schermaglie tra partiti, dove ogni forza politica ha bloccato l’altra pur di difendere il proprio nome di riferimento. Il risultato? L’ente ha rischiato la paralisi, i cantieri e le attività formative sono rimasti in stallo, e il territorio ha perso tempo e risorse preziose. Mentre si discuteva su “chi tocca a noi”, nessuno pensava a garantire il funzionamento della struttura o a tutelare l’interesse comune – scrivono -. Questo tiro alla fune ha permesso alla politica di imporre Sara Rabellino come presidente (ex sindaco di Piea e quota Lega) mentre l’architetto Marco Maccagno (quota FdI) – già operativo nel parco – si è visto sfilare il posto. La cosa pare però aver suscitato più malcontento e polemiche tra Lega e Fratelli d’Italia, che discutono sulle bandiere, rispetto che tra professionisti e cittadini sul merito, anche perché questa è la narrazione che la politica sceglie di darci mezzo stampa, attraverso la descrizione dettagliata di un ridicolo totonomine. Partiamo da un presidente uscente che lascia l’ente per occupare altre poltrone (in pelle umana) in Fondazione CRAsti e Asti Musei, a due partiti che litigano su come spartirsi algebricamente la poltrona rimasta vacante”.
Secondo Briccarello e Bosia “è l’ennesima dimostrazione di un sistema in cui i ruoli di potere e decisionali vengono gestiti come merce di scambio, indipendentemente dalle conseguenze sul territorio, anche laddove ci troviamo di fronte a una realtà che tanto ha dato e tantissimo può dare alla nostra provincia”.
I consiglieri di Uniti si può “attaccano” anche la nomina di Gianfranco Imerito nel cda di Finpiemonte.
“Parallelamente, la nomina di Gianfranco Imerito nel CdA di Finpiemonte – la finanziaria della Regione – non solo accentua questa logica spartitoria, ma mostra chiaramente un modello radicato – aggiungono -. Imerito, già in passato espressione diretta delle stesse dinamiche, ha coperto numerosi incarichi di potere: è stato assessore alla Cultura del Comune di Asti, vicepresidente della Fondazione Asti Musei, e ora cambia la casacca, passando da esperto culturale (a che titolo?) a esperto finanziario (a che titolo?). Noi ancora sogniamo una città dove, per esempio, ex medici politici investano energie nel risollevare l’Asl invece che nell’occupare seggioline in giro in materie che esulano dal loro curriculum formativo.
Questi episodi non sono innocui. Ogni litigare tra correnti rallenta enti che dovrebbero servire i cittadini. Ogni poltrona data per affinità politica allontana il merito. Il risultato è istituzioni deboli, cariche vuote di contenuti e un’offerta di servizi pubblici ai limiti dell’efficacia. Non è più il tempo di veder correre le liste interne: va messa al centro la selezione trasparente, i curricula, il coinvolgimento reale dei territori. Il tutto per scongiurare certe situazioni grottesche e al limite del pericoloso, un esempio? La scellerata nomina a garante dei detenuti di Quarto una figura inidonea, pericolo scampato grazie a un forte lavoro di informazione e coinvolgimento della cittadinanza”.
Per Briccarello e Bosia è arrivato il momento di “riaffermare un elemento cardine: un incarico pubblico non è un premio per l’appartenenza, ma una responsabilità verso la comunità”. “Se non si vuole che l’Italia continui a regredire, occorre cambiare registro: dalle spartizioni occorre passare alla selezione, dai litigi al merito, dalle poltrone al servizio. E, se questo non viene fatto, almeno la galanteria di non dichiararlo pacificamente mezzo stampa. Parole di cui bisognerebbe vergognarsi, non usarle a giustificazione – concludono -. Cosa possiamo augurarci? Che i neo eletti facciano il loro lavoro affidandosi a chi, quei titoli, li ha, che mettano davanti il bene comune alla smania di occupare poltrone, che si circondino e ascoltino persone competenti. È l’unico augurio che possiamo fare a noi stessi.