Hanno spiegato il meccanismo come un gioco di scatole cinesi, di società create ad hoc per produrre fatture dietro alle quali non c’è nulla. Il procuratore della Repubblica Biagio Mazzeo si è espresso così nel corso della conferenza stampa per fare il punto su un’indagine di polizia giudiziaria economico finanziaria portata a termine dal comando provinciale della guardia di finanza di Asti che questa mattina mattina ha dato esecuzione a un provvedimento di custodia cautelare emesso dal gip presso il tribunale, che ha disposto il sequestro preventivo di beni per quasi 15 milioni di euro. Parliamo di quote societarie per un milione, liquidità, due auto di lusso, tra cui una Maserati, e beni immobili facenti capo all’amministratore unico di una società per azioni operante nel settore della lavorazione delle carni, l’Al.Pi. di Baldichieri.

L’amministratore unico Silvio Pellissero, classe ’51, incensurato, di Baldichieri, è finito agli arresti domiciliari, insieme Massimiliano Messeri, classe 1964, anche lui incensurato, residente a Tigliole, mentre un terzo indagato, M.M., classe ’61, ha l’obbligo di dimora.

Le indagini condotte dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Asti, scaturite dagli esiti del coordinamento istituzionale tra le fiamme gialle e l’ufficio provinciale dell’Inps, hanno portato alla luce una presunta evasione contributiva (ai danni dei lavoratori) per oltre 1 milione di euro. Ma le stesse indagini hanno messo in luce anche uno schema organizzativo, ritenuto fraudolento, composto da quattro società “prive di struttura, mezzi e capacità decisionali, meri serbatoi di manodopera”, come spiegano gli inquirenti.

“Queste si sarebbero succedute nel tempo nella stipula dell’esecuzione di contratti d’appalto di illecita somministrazione di prestazioni lavorative di macellazione di animali – aggiungono ancora -; queste entità, attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per 33.435.174 euro, avrebbero comportato in favore della parte committente, locale importante società per azioni del settore carni, l’indebito beneficio nel tempo (tra il 2014 e il 2022) di un risparmio di imposte per quasi 15 milioni di euro di cui oltre 7 milioni di Iva dovuta”. 

Secondo gli inquirenti Officine del Lavoro prima e Fortes poi sarebbero state create solo per fatturare la manodopera, che in realtà sarebbe sempre stata gestita dall’Al.Pi. che avrebbe avuto il vantaggio quindi di non assumere direttamente gli operai. 

Gli investigatori parlano “di un rapporto di mono-committenza di somministrazione della manodopera unicamente alla stessa Spa e titolare dello stabilimento, sempre lo stesso, dove le attività di lavoro dipendente venivano eseguite”. Un rapporto di monocommittenza che avrebbe fruttato all’Al.Pi. evasione fiscale e contributiva. Allo stato dei fatti la finanza avrebbe calcolato un volume di fatture emesse per operazioni inesistenti di circa 33 milioni e 400 mila euro con un risparmio di imposte che si aggira ntorno ai 15 milioni, dei quali la metà solo per Iva dovuta (7 milioni).

“Le persone giuridiche sono apparse esistenti solo sul piano formale, ma prive di concrete facoltà decisionali e gestionali relative al personale dipendente (come ad es. pagamenti e procedimenti disciplinari) e comunque all’oggetto della loro dichiarata attività sociale – hanno spiegano ancora gli inquirenti -; decisioni che sono, invece, risultate provenire di fatto dall’amministratore dell’azienda committente”. 

Nell’indagine, oltre ai reati tributari e di concorso in illecita somministrazione di manodopera, è stata ravvisato dall’Autorità Giudiziaria anche il reato di false comunicazioni sociali.

E le indagini sono ben precedenti alla proclamazione dello stato di agitazione da parte dei lavoratori del macello di Baldichieri che, sottolineano, non è stato messo sequestro e che da settembre è gestito dalla Ciemme che ha acquisito il ramo d’azienda, impresa risultata completamente estranea alla vicenda.

“Si sottolinea che il procedimento penale si trova ancora nella fase delle indagini preliminari e che la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo in caso di emissione di una sentenza irrevocabile di condanna”, è la doverosa conclusione di procuratore e investigatori.

L’avvocato Pierpaolo Berardi che difende Perosino contesta ogni accusa.

“Chiariremo di fronte ai giudici la nostra ragione – ha commentato -. Porteremo la questione anche davanti al Riesame”.

Stessa posizione per l’avvocato Roberto Caranzano, difensore di Messeri: “Siamo sempre stati disponibili a collaborare con gli inquirenti e riteniamo che non sussista nessun reato nel comportamento del mio assistito e neanche da parte degli altri soggetti coinvolti in questa vicenda – ha spiegato il legale -. Valutiamo di procedere al tribunale del Riesame”.