Ieri pomeriggio i carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Imperia sono riusciti a “braccare” Enzo Agazzi inducendolo a costituirsi presso gli uffici del Comando Compagnia di viale Giacomo Matteotti di Imperia. È così terminata, intorno alle 16.30, la sua latitanza: scampato alla cattura il 17 febbraio quando furono arrestati, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gipdel Tribunale di Imperia, su richiesta della locale Procura della Repubblica, gli altri due autori di una serie di furti in abitazione e truffa in danno di anziani messi a segno tra Emilia Romagna, Toscana, Liguria e Lombardia.

Nome noto da tempo alle forze dell’ordine, l’astigiano, classe 1963, si era dato alla latitanza dopo l’adozione di tre custodie cautelari emessi dai gip di Imperia, Savona e Pesaro.

L’arresto è stato eseguito al termine di un’attenta attività investigativa protrattasi ininterrottamente per tre mesi e condotta attraverso tradizionali servizi di osservazione, controllo e pedinamento effettuati anche con l’ausilio di sofisticati dispositivi tecnici.

Con questo arresto giunge a conclusione l’indagine “Cops” così chiamata dagli investigatori per rievocare il modus operandi della banda: una tecnica ormai collaudata che ha fruttato ai malviventi quasi duecentomila euro. Mentre gli altri due complici garantivano il sostegno logistico e operativo, facendo da “palo” o autisti, Azaggi, secondo gli inquirenti, si presentava presso abitazioni di persone anziane come maresciallo dei carabinieri o della guardia di finanza incaricato di indagare su un giro di banconote false. Persuadeva le vittime che erano state oggetto di truffe da parte di impiegati infedeli degli Istituti di Credito dove avevano il conto corrente e chiedeva quindi di visionare il denaro presente per verificare se fosse falso. Le ignare vittime non esitavano a porre sul tavolo della cucina le banconote. “Dimostrando una eccezionale pervicacia nel delinquere tratteneva la maggior parte delle banconote asserendo che erano false, restituendo soltanto gli spiccioli – spiegano gli inquirenti -. Non contento chiedeva di visionare anche oggetti e monili preziosi che le vittime consegnavano senza alcuna esitazione, quindi diceva di dover recarsi nella autovettura di servizio che era parcheggiata nella pubblica via per poter effettuare un accertamento più approfondito con l’impiego di un dispositivo laser che ne attestava la genuinità. Subito dopo si allontanava indisturbato con il malloppo”.