Martedì 20 gennaio, alle 16,30, il Centro culturale san Secondo inaugura il nuovo anno di attività, dedicato a tematiche ambientali e territoriali, e un apposito angolo, situtato nella biblioteca che intende mettere a disposizione degli operatori del sociale e degli studenti di scienze sociali, ma anche di tutti coloro, educatori, volontari domiciliari e semplici cittadini, che pensano sia importante per ognuno poter continuare a vivere nell’ambiente in cui si riconosce con i suoi affetti, le sue memorie, i suoi gesti, materiali e testi sull’argomento della Domiciliarità .
A presentarlo e introdurre l’argomento, in collaborazione con la cooperativa “La Strada” e il Centro culturale san Secondo, sarà Mariena Scassellati Sforzolini Galetti, assistente sociale storica e fondatrice dell’associazione La Bottega del Possibile.
La Bottega del Possibile è un’associazione culturale di promozione sociale nata nel 1994, con sede in Torre Pellice (TO), impegnata nella cultura della domiciliarità, intesa come diritto irrinunciabile della persona anziana, del malato o del diversamente abile. Finalità della Bottega è la ricerca di risposte alternative al ricovero e all’ospedalizzazione e la sensibilizzazione degli operatori socio-sanitari attraverso specifici strumenti di formazione.
L’associazione, presso la cui sede si tengono seminari e incontri formativi, pubblica materiali, testi e video che saranno consultabili nella biblioteca del Centro culturale san Secondo.
Nella stessa occasione presenterà il volume Le parole dell’OSS, un dizionario delle parole del sociale, dedicato in particolare agli operatori socio sanitari, ma utile per tutti coloro che vogliono accostarsi a questo settore e comprenderne i termini e le sigle.
La Domiciliarità è un concetto che fa perno sulla casa, ma va oltre la casa;  significa il rapporto con l’esterno, con ciò che la circonda: l’ambiente, il paesaggio, il paese, le relazioni, la cultura locale.
Tutto ciò di cui si ha bisogno per non sentirsi spaesati, per vivere appieno radicati sul territorio. La domiciliarità è lo scenario della persona, è il contesto dotato di senso per la persona stessa. Vivere a casa fa bene, la casa ha i suoi profumi, i suoi rumori, la sua storia, la casa cura, dà voglia di futuro e il desiderio di non abbandonarla, finchè sia possibile, anche quando si è divenuti meno autonomi.
La domiciliarità è un diritto della persona spesso ancora non esigibile e che si desidera rendere effettivo. Spesso la si pensa applicata agli anziani, ma su territori rurali che si vanno spopolando, diventa importante applicarla a chiunque voglia continuare a vivere in una determinata zona.
Perché questo possa  avvenire, la comunità locale deve diventare – attorno alla persona e alla famiglia, ai suoi problemi e alle risorse – sempre più un laboratorio di solidarietà dove ogni cittadino promuove il capitale sociale della comunità stessa, assumendosi responsabilità e doveri per promuovere diritti.