Due serate a 20 anni esatti dall’11 settembre  per scoprire insieme luci e ombre, miti e contraddizioni o, come direbbe Bruce Springsteen, uno dei principali cantori di una terra lacerata tanto oggi quanto 20 anni fa, «diavoli e polvere» dell’America. Si tratta di “C’era una volta a… Hollywood”  in programma domenica 12 settembre alle 19 da Forme canoniche a Pino d’Asti (spettacolo, aperitivo e pop corn a 20 euro, prenotazioni 339 2290951), nuovissimo spazio nato dalla volontà di sei donne di trasformare un ex canonica in uno spazio culturale di livello. Una serata per raccontare in musica il sogno con la maiuscola, quel Sogno americano che più ha saturato i nostri sensi e le nostre menti. Ma l’America, nel 2001, come oggi, come in passato, è sempre stata anche lacerazioni: le canzoni sono state spesso capaci di cantarne il lato (o)scuro, senza sconti e senza paura.

I torinesi Gigi Giancursi, Umberto Poli e Orlando Manfredi propongono così un viaggio in pieno stile americano, un’indagine in musica che – attraverso la riscoperta della voce di menestrelli e crooner – si dipana gradualmente in tutto il mondo (Italia compresa) arrivando, di decennio in decennio, epoca dopo epoca, fino ai giorni nostri. Il programma, anzi, l’itinerario dello spettacolo intesse una storia tra le storie, gettando un fascio di luce tra gli aneddoti, le leggende, gli omicidi, i fatti di cronaca, i disastri, le curiosità, le strade e le città di quei vagabondi e viaggiatori alla ricerca – come cantava Tom Waits – dei propri fantasmi del sabato sera… che altro non sono se non le piccole e grandi illusioni di tutti i giorni, tanto irresistibili quanto effimere.

Perché questo titolo? Quentin Tarantino e il suo cinema, da sempre, giocano sulla frequenza di brani e artisti leggendari. Anche per il suo ultimo capolavoro, “C’era una volta a… Hollywood” (2019), il regista ha allestito una soundtrack di tutto rispetto, un viaggio sonoro che sfreccia rombando a bordo di una Cadillac fiammante mentre alla radio passa la chitarra malinconica di José Feliciano. Ogni scena del film si adatta alla musica, come fosse un inno a quel caldo 1969. Roy Head, Chad & Jeremy oppure ancora – tra i tanti – Joe Cocker, Rolling Stones, Aretha Franklin, Deep Purple. Insomma, un cast stellare, a guidare storie, fatti, personaggi veri e inventati: un caleidoscopico universo, questo, che Gigi Giancursi, Umberto Poli e Orlando Manfredi si propongono di portare in scena in maniera originale, dinamica, a tratti adrenalinica.

Le sonorità sono quelle di una casa di bambola – ben lontane, dunque, dalla scena psichedelica o dai germi del nascente hard rock dell’epoca. La scaletta dello spettacolo conduce l’ascoltatore in una narrazione sul confine incerto tra Bene e Male, seguendo le tracce di uno dei più disturbanti e discussi massacri della storia: quello di Cielo Drive, ad opera della Manson Family. Una tragedia che, a pochi giorni dall’inizio del leggendario festival di Woodstock, sancisce, di fatto, la fine del sogno hippy e dei figli dei fiori.