Il commento alla Parola di domenica 1 luglio (XV domenica del tempo ordinario b) a cura di Sr M. Benedetta del Monastero Cottolenghino “Adoratrici del Prez.mo Sangue di Gesù”

Il Signore Gesù invia i suoi discepoli a due a due per proclamare il Vangelo e annunziare a tutte le persone la liberazione da tutto ciò che le imprigiona privandole della loro libertà e della loro gioia. Il Signore Gesù invia i suoi discepoli, ma senza progetti e senza strategie: il segreto della testimonianza è non avere segreti, né armi seduttrici se non la nudità della Croce di Cristo e della loro esperienza di salvezza. Il Signore proibisce ai discepoli di portare borsa o bisaccia, essi cioè sono chiamati ad avere una tale fiducia in Dio, da non preoccuparsi della vita presente, perché nulla certamente verrà loro a mancare. Essi non devono cercare né fare altro che annunciare con fraterna carità il Vangelo, ed effondere intorno a loro ciò di cui sono pieni: la pace che possiedono.

 Noi crediamo in Gesù che non abbiamo visto. L’hanno annunciato coloro che l’hanno visto, che l’hanno toccato con le loro mani, che hanno ascoltato la parola uscita dalla sua bocca. Per questo furono da Lui inviati perché comunicassero a tutti gli uomini queste verità.

Il Vangelo odierno ci presenta un particolare riguardo alla missione dei discepoli: “Il Signore Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli due a due”. Possiamo chiederci: “Perché Gesù mandò i suoi discepoli due a due e dove furono mandati?”. È importante anche rilevare che “furono mandati”, non osarono andare di loro iniziativa. 

I discepoli furono inviati ovunque, con la testimonianza di prodigi e segni miracolosi, affinché si credesse in loro che riferivano cose che essi stessi avevano visto.

I discepoli vanno due a due perché sono chiamati a vivere e testimoniare la comunione, l’importanza del vivere insieme come comunità, a immagine della Trinità. L’amore fraterno diventa così trasparenza di Dio e rende i discepoli di due uno, come Dio Trino è Uno. Gesù ci ha detto nel Vangelo che i discepoli saranno riconosciuti da come si amano e da come vivono insieme.

Anche noi siamo inviati, come cristiani, a testimoniare a coloro che ci incontrano che la comunione e la salvezza sono possibili. Noi siamo chiamati a essere segno e strumento di comunione e di salvezza, sapendo però che l’Unico che può salvare e creare l’unità, è Gesù Cristo. Come possiamo testimoniare la salvezza? Vivendo da figli e fratelli che mostrano la bellezza e la grandezza di Dio, che è Padre: vivere e agire in tutto per rendere gloria al Padre. La testimonianza più bella dell’amore fraterno è essere contenti che l’altro sia amato e riconoscerlo come dono di Dio.

Papa Francesco scrive in GAUDETE ET EXSULTATE: “Anche tu hai bisogno di concepire la totalità della tua vita come una missione. Prova a farlo ascoltando Dio nella preghiera e riconoscendo i segni che Egli ti offre. Chiedi sempre allo Spirito che cosa Gesù si attende da te in ogni momento della tua esistenza e in ogni scelta che devi fare, per discernere il posto che ciò occupa nella tua missione. E permettigli di plasmare in te quel mistero personale che possa riflettere Gesù Cristo nel mondo di oggi”.

LETTURE: Am 7,12-15; Sal 84; Ef 1,3-14; Mc 6,7-13