Il commento alla parola di domenica 8 maggio 2022 (IV domenica di Pasqua) a cura di Suor Maria Benedetta del Monastero Cottolenghino  “Adoratrici del Prez.mo Sangue di Gesù”

In questa domenica, Gesù, il Buon Pastore ci parla di tre cose: ascolto, conoscenza e sequela e infine ci fa una bellissima promessa: che nessuno può strapparci dalla sua mano né dalla mano del Padre. 

Che relazione ci può essere tra queste tre cose?

Ascolto. Ascoltare implica tacere. Oggi sentiamo tutto e di tutto: le voci dei vicini e dei lontani, quelle dei mass-media, dei telefonini, di internet, le voci dei nostri pensieri. Le nostre orecchie sono come delle porte sempre aperte a “tutto ascoltare”. 

Le nostre orecchie a volte sono avide di ascoltare a volte, cose che  non ci giovano, anzi, che ci danneggiano. Più volte le nostre orecchie,  ascoltano cose che con la stessa facilità con cui entrano, escono, non rimangono. L’ascolto non riguarda tanto le orecchie, quanto il cuore. Per ascoltare dobbiamo entrare nella cella del nostro cuore.

Abbiamo capito che la sede centrale dell’ascolto è il cuore. Chi e cosa dobbiamo ascoltare? Come possiamo ascoltare veramente? Nel Vangelo Gesù ci dice: ”Le mie pecore ascoltano la mia voce”, quindi il primo cui dobbiamo prestar ascolto è Dio. Dio nella sua Parola. Dio nei fratelli. Dio nelle situazioni della vita. Dio nella nostra coscienza.  Noi sappiamo però che il primo a prestare ascolto è Dio. Dio prima di chiederci di ascoltare, ci ascolta.

Per ascoltare, abbiamo bisogno di fare silenzio. Soltanto se dentro e intorno a noi c’è il silenzio, possiamo ascoltare veramente Dio, il prossimo, la vita e non per ultimo, il nostro cuore, e vagliare i nostri pensieri e sentimenti. Dobbiamo fare attenzione a quale voce vogliamo prestare ascolto.

Conseguenza di un vero ascolto è la conoscenza. Conoscenza di ciò che abita nel nostro cuore. Conoscenza di chi è Dio nella sua essenza e di ciò che dice a noi personalmente attraverso i nostri pensieri e sentimenti. Conoscenza dell’altro che ci sta accanto. L’altro, che è una persona altra da noi, ci parla non solo attraverso le sue parole, ma anche attraverso i suoi gesti, attraverso la sua corporeità, attraverso i suoi silenzi. 

Gesù ci dice: “Io conosco le mie pecore”. Il salmo 138 dice: “Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri, osservi il mio cammino e il mio riposo, ti sono note tutte le mie vie. La mia parola non è ancora sulla lingua ed ecco, Signore, già la conosci tutta”. Questo ci insegna che conoscere una persona veramente vuol dire conoscerla intimamente.

Dalla conoscenza nasce il desiderio di sequela: ”Le mie pecore mi seguono”. Quando, per grazia, abbiamo conosciuto Dio intimamente, chi è Lui per noi, chi siamo noi per Lui e ciò che ha fatto nella nostra vita, nasce il desiderio di ricambiare, di seguire Colui che ci ha tirato fuori dagli inferi della morte e del peccato.

Gesù, a coloro che lo seguono, a noi sue pecore, risponde con una meravigliosa promessa: nessuno ci strapperà dalla sua mano né dalla mano del Padre. 

“Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore”. (Rm 8,38-39)

Nulla e nessuno ci può strappare dall’Amore di Dio.

LETTURE: At 13,14.43-52; Sal 99; Ap 7,9-14-17; Gv 10.27-30