Il commento alla Parola di domenica 20 giugno (XII domenica del tempo ordinario b) a cura di Sr Chiara  del Monastero Cottolenghino  “Adoratrici del Prez.mo Sangue di Gesù”

Nel Vangelo di questa domenica, troviamo Gesù, il figlio di Dio, che DORME! Davvero la Bibbia è parola di Dio perché l’avessi scritta io, questa cosa, nel Vangelo, non ce l’avrei davvero messa. D’altra parte è un’esperienza comune ad ogni uomo sentirsi stanchi e aver bisogno di dormire e Gesù-Dio è davvero uomo.

Quindi, Gesù stanco, dopo una giornata di predicazione, si affida ai suoi amici pescatori, provetti marinai, per attraversare il lago e si addormenta. Gesù si fida di noi, si mette nelle nostre mani nel viaggio della vita, ma sovente lo mettiamo da parte e lo lasciamo da solo, presi dalle nostre priorità… Quando, come succede spesso, c’è una grande tempesta… sul momento facciamo finta di niente, come fossimo capaci di gestire la cosa, poi tutto crolla, sembra che nessuno ci possa aiutare, alla fine chiamiamo Dio, preghiamo e sembra che non ci senta, che dorma per davvero e in noi cresce l’ansia e la disperazione. Come fare?

Anche i discepoli cercano, da buoni marinai, di cavarsela, ma poi svegliano Gesù e gli chiedono: «Maestro, non ti importa che siamo perduti?». Gesù interviene subito, ma sembra che gli spiaccia, non tanto di essere stato svegliato, ma piuttosto di vedere la paura negli occhi dei suoi amici, chiede: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».

Gesù non vuole che noi abbiamo paura, ci sentiamo soli ed abbandonati. Egli ci ha donato un rapporto nuovo con Dio Padre e vivendo questa figliolanza, nello Spirito Santo, non dobbiamo avere più paura di niente. La paura, l’angoscia, l’ansia sono pensieri che vengono dal nemico dell’uomo che desidera allontanarci dall’amicizia con il Padre (rappresentati nel racconto dal mare-male). Quando interviene Dio tutto tace e si calma.

«Chi è costui?» si domandano i discepoli? È il Signore che “ha chiuso tra due porte il mare quando usciva impetuoso dal grembo materno” (Gb 38,8). È il Dio che è morto come tutti noi per darci una nuova vita in Lui. Se siamo in Cristo siamo nuove creature, le cose vecchie, le ansie, le paure, sono passate…

Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? (Rm 8,35). Se l’amore di Cristo ci possiede, gridiamo con fiducia Abbà Padre! Il Cottolengo, nostro padre fondatore, lo aveva capito bene e spiegava ai suoi figli: «Siate tranquilli, e non abbiate paura; noi tutti siamo figli d’un buon Padre, che più pensa egli a noi, di quanto noi stessi pensiamo a lui». Svegliamo Dio che fa nuove tutte le cose e vedremo le opere della Divina Provvidenza che non manca mai.

Con il salmo “ringraziamo il Signore per il suo amore, per le sue meraviglie a favore degli uomini”! (Sl 106/107,3). 

Deo gratias!

LETTURE: 38,1.8-11; Sal 106; 2Cor 5,14-17; Mc 4,35-41