Il commento al Vangelo di domenica 10 marzo 2024: Svegliarsi e tornare al Padre (Gv 3,14-21a cura di Silvia Bosia e Andrea Foglia

Il Vangelo di oggi, ci aiuta a condurre un vero e proprio esame di coscienza: l’evangelista Giovanni risponde in modo unico e direttissimo alla domanda “Tu a cosa credi?” 

Proviamo a rispondere anche noi, discepoli in cammino.

Lui risponde così:” io credo all’amore che Dio ha per me”. 

Facendosi uomo in Gesù, Dio ci è venuto incontro e ci ripete ad ogni risveglio, ad ogni difficoltà, ad ogni tornante complesso della vita che Lui è con noi, con amore. 

Noi non siamo credenti perché amiamo Dio; troppe volte ce ne dimentichiamo, a volte praticamente lo rinneghiamo! Noi siamo credenti perché Dio ci ama. 

Il primo atto di fede non è che noi crediamo in Dio ma che Lui, il Signore, ripone fiducia in ognuno di noi.

Prima domanda del nostro esame di coscienza, in questa Quaresima, è se abbiamo imparato ad amare come Dio ama e a sentirci responsabili di tutto ciò che non è amato, di tutto ciò che è calpestato, ferito, maltrattato.  Perché Dio ha tanto amato questo mondo, e noi vogliamo imparare ad amarlo e con Lui e come Lui, mettendoci in gioco con impegno e serietà laddove siamo chiamati ad abitare il mondo. 

E scoprire con immensa gioia, dalle parole stesse di Gesù, che Dio non ha mandato il Figlio per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato, perché chi crede abbia la vita. Scoprire con infinita gioia che a Dio non interessa giudicare o condannare, siamo così terribilmente capaci noi stessi di farci del male che Dio non può che venirciincontro con benevolenza e misericordia. 

Noi, amati non per nostro merito ma per sua benevolenza, siamo chiamati a non escludere nessuno, a non sentirci né unici e neppure migliori, semplicemente fratelli di tutti e per tutti.

Le parole di Giovanni, inoltre, ci aiutano a porre chiarezza sul grande mistero della Croce, segno identificativo per ogni cristiano. Molto spesso pensiamo che la centralità della Croce nella vita cristiana, consista in una sorta di amore per la sofferenza. Chi vive in questa prospettiva in realtà ha completamente frainteso il messaggio di Cristo.

L’amore alla Croce non è amore alla sofferenza, ma amore alla gratuità di chi ha donato la vita per ciascuno di noi: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui”.

La Croce ci ricorda l’immensità dell’amore con cui siamo stati amati, per questo ha un valore immensamente salvifico. E la modalità è quella di assumere la stessa posizione di chi ha bisogno di essere salvato. L’esperienza della salvezza è questa per noi: non un Dio che ci evita la Croce, ma un Dio che può salvarci proprio attraverso di essa. 

C’è dentro di noi una voce, una menzogna che ci fa sentire sempre il dito puntato addosso. È una voce che racconta la nostra storia trasformandola sempre in una grande accusa…così tutto diventa solo un’immensa corsa a trovare il colpevole. È colpa mia, oppure di mio padre, o di mia madre, delle circostanze, del mio fisico, di quello che mi è successo, di quella situazione. Vivere una vita sotto accusa significa vivere una vita tentando di trovare solo qualcuno con cui prendersela.

A questa voce Dio risponde con il Figlio: “Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.

Lasciarci trasformare dal Vangelo significa imparare a disobbedire a questa voce dentro di noi. Significa smettere di voler trovare colpevoli, e mettersi a cercare invece un significato. In Gesù noi questo significato lo abbiamo trovato, ma non è facile per noi consegnarci a qualcuno che non ci punta il dito ma allarga le braccia. Per non chiudere mai questo abbraccio Gesù si lascia inchiodare sulla croce.

La croce è un abbraccio che non vuole mai smettere di esserlo. Il cristianesimo non è il culto della croce, ma di questo abbraccio. E se noi ci riconosciamo nel segno della croce è solo perché ci ricorda questo Amore irreversibile con cui Dio ci ha amati. Gesù non è salito in Croce per farci sentire in colpa, ma per ricordarci quanto siamo amati.

Che il nostro esame di coscienza sia guidato oggi proprio da questa domanda che Giovanni ci pone: e tu, a cosa credi?