Il commento alla Parola di domenica 9 agosto 2020 a cura di padre Gerardo Bouzada.

 

Ci sono giorni in cui la barca della vita è scossa dalle onde perché il vento è contrario.

Questo è uno degli episodi evangelici che dipingono meglio, da una parte, la situazione della comunità cristiana nel suo storico cammino in mezzo alle difficoltà e le tribolazioni; e da un’altra, la presenza permanente del Signore risorto nella barca di Pietro. 

Di che barca parliamo? Una barca mossa dalle onde e dal vento è un’immagine di tante situazioni personali e comunitarie che si ripetono nella storia e nella nostra vita. E venti forti. Non solo venti alisei soavi, regolari e non violenti, ma anche venti monsoni, caldi e con piogge. 

Nella prima lettura Elia sentì che la sua barca era pronta a naufragare. Lui, dopo un grande successo, deve fuggire al deserto perché lo volevano uccidere. Era stufo. Non voleva essere più profeta. Erano tutte difficoltà. Perché andar avanti? E Pietro nel vangelo? La sua barca, simbolo della futura chiesa, di cui il primo timoniere sarebbe stato lui, è in una situazione compromessa. Sembra affondare. Venti secoli di tempeste e onde furiose verso la barca di Pietro, iniziando dalle prime persecuzioni degli imperatori romani, passando per le eresie e lo scisma, e per tanta confusione dottrinale di chi vuole far in modo che la nave si incagli negli scogli delle materie morali, matrimoniali, liturgiche ed esegetiche.

Pietro e i suoi compagni sentono paura. Pietro non ha paura perché affonda, ma affonda perché ha paura.  Il dubbio gli fa perdere sicurezza e inizia ad affondare. Mateo mostra il cammino spirituale di Pietro: 1) quando Gesù si identifica, lo riconosce; 2) sollecita la sua chiamata e la segue con il “coraggio della fiducia”; 3) davanti al vento pericoloso dubita e sbaglia ed 4) è salvato da Gesù. Figura esemplare per la Chiesa. La comunità in mezzo della tempesta si dimentica del Gesù solidale e lo vedono unicamente come ad un fantasma che si avvicina nell’oscurità. Vogliono camminare verso di Lui, ma si impauriscono dalle forze avverse. Il vangelo ci invita a fare una esperienza totale di Gesù, rompendo pregiudizi e insicurezze. Dobbiamo lasciare che sia Lui che ci parli per mezzo del libro della Bibbia e del libro della vita. Cristo ci invita a non dubitare mai, perché Lui è nella barca. E ci dice: Coraggio, sono io, non abbiate paura!

Cosa fare quando sembra che stiamo affogando in un bicchiere d’acqua? Tra il timore e la speranza, dobbiamo desiderare la vicinanza del Signore. Rassegnarsi alla lontananza non è un buon segno per la fede. La fede genera fiducia e questa si manifesta nel coraggio che vince la paura. Affonderemmo quando cercheremmo di lavorare solo con le nostre forze o ragioni. Non è il nostro proprio potere e sapere ciò che ci fa galleggiare e camminare sulle acque, ma la forza di Dio. E’ buona l’autostima se non degenera in autosufficienza. Non ci stanchiamo di confessare nella nostra barca tutti i giorni: “Realmente sei il Figlio di Dio”. Questo è l’annuncio che si aspetta dalle nostre labbra e dalla nostra vita. E aiutiamo con amore altre barche che forse stanno affondando. 

La fede dei miracoli (cioè, la fede che è prodotta dai miracoli) non è la fede nei miracoli (cioè, la fede nelle azioni straordinarie che possono accadere). La fede dei miracoli confida in Dio. Il contenuto proprio, della fede dei miracoli, non è il fatto straordinario in sé, ma Dio. Dio non vuole che crediamo che possano accadere cose strane, ma vuole che crediamo in Lui, nell’amore che ha per noi, e per aiutarci a fare ciò cercherà mille strade, ordinarie e straordinarie, in cui rispetterà sempre la nostra libertà di accoglierlo.

Che onde scuotono la mia barca? Grido con forza della fede a Cristo perché mi salvi? Quante volte ho sentito da Cristo: “uomo di poca fede? 

 

LETTURE: 1 Re 19,9.11-13; Sal.84; Rm 9, 1-5; Mt 14, 22-33