Il commento alla Parola di domenica 4 luglio (XIV domenica del tempo ordinario b) a cura di Sr M. Benedetta del Monastero Cottolenghino “Adoratrici del Prez.mo Sangue di Gesù”

Nel Vangelo odierno, incontriamo il Signore Gesù che si trova davanti alla sua gente, nella sua patria, a Nazareth. Sta insegnando nella sinagoga, ma molti non sono disposti ad accogliere il suo insegnamento: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”.

Il Vangelo ci rivela che uno dei motivi per cui Gesù non è stato compreso è l’oscurità della sua origine, la semplicità della sua vita: “Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi? Da dove gli vengono queste cose?”. I suoi concittadini conoscevano tutto di Gesù riguardo alla sua natura umana, perché era nota la sua patria, la sua origine, si sapeva dove era nato, il suo aspetto fisico. Lo hanno inquadrato nei loro schemi mentali, per loro Gesù non poteva essere un profeta, non Lo conoscevano secondo la Sua natura divina.

Questo vale anche per la nostra vita, ci capita di dire: “Quella persona è una ignorante e quindi non può uscire niente di buono dalla sua bocca e dalle sue mani”. Così facendo pretendiamo di conoscere tutto di quella persona, la snobbiamo e la lasciamo da parte, non le diamo nessuna possibilità di riscatto.

Da che cosa si può dire di conoscere una persona? Dai dati anagrafici? Dai suoi comportamenti esteriori? In base a come parla, in base alla sua esperienza di vita passata, che può essere negativa?

È vero che non esiste un modo di essere esteriore che non corrisponda a una verità interiore, però la persona è molto di più di tutto ciò che dice la sua “scorza esteriore”, il suo insieme di vizi e virtù, pregi e difetti, punti deboli e punti forti. La persona è viva, dinamica. Oggi non è più la stessa di ieri e non sarà la stessa di domani, può migliorare oppure peggiorare, in base alle sue scelte, consapevolezze e certezze che matura e in cui crede.

È difficile capire come sia possibile, però penso che affinché la potenza di Dio possa rendere una persona bella e viva, essa debba passare proprio attraverso i suoi lati “oscuri e limitati”. L’uomo, istintivamente, cerca di sfuggire tutto ciò che è limite, debolezza, fragilità, vede queste cose come un ostacolo, ma il Vangelo di oggi ci insegna che Dio vuole incontrarci proprio lì e farci sperimentare nella debolezza la potenza del suo amore, la forza della sua grazia, la luce del suo Spirito di Verità e compiere miracoli nella nostra vita.

Noi rischiamo di bloccare l’opera della grazia nella nostra vita e nella nostra storia, come i concittadini di Gesù, se non accettiamo di fare i conti con la nostra quotidianità come luogo forte, forse persino unico, di rivelazione di Dio nella nostra esistenza, come luogo di salvezza della nostra anima, di conversione del nostro cuore e di guarigione del nostro corpo e della nostra psiche.

Lasciamoci incontrare da Dio nelle nostre ferite, affinché diventino feritoie dove accogliere a nostra volta le ferite dei fratelli.

LETTURE: Ez 2,2-5; Sl 122; 2Cor 12,7-10; Mc 6,1-6