Il commento alla Parola di domenica 3 ottobre (XXIVii domenica del tempo ordinario b) a cura di Sr Maria Daniela del Monastero Cottolenghino “Adoratrici del Prez.mo Sangue di Gesù”

Il Vangelo di questa domenica ci annuncia la grandezza e la bellezza del matrimonio cristiano, per la qualità dell’amore fedele e indissolubile che chiede a quanti l’abbracciano. Sappiamo che gli sposi cristiani incontrano ostacoli di ogni tipo nel condurre la propria unione matrimoniale alla maturità. La tradizione della Chiesa ortodossa, nel rito del matrimonio, ricorda i santi martiri e paragona le corone poste sul capo degli sposi durante la funzione, alle loro corone.
Il Vangelo di oggi focalizza sulla bocca di Gesù una difficoltà che tutti incontriamo nel realizzare quell’amore “per sempre” in cui esprimiamo la nostra libertà di figli di Dio, creati a sua immagine: la durezza del cuore. In tutta la Bibbia la “sclerocardia”, la durezza del cuore, è la vera causa del male, dell’incapacità ad amare Dio e gli altri. Il profeta Ezechiele parla di un “cuore di pietra”, il profeta Geremia di un “cuore indocile e ribelle che si rivolta a Dio”, il salmo 80 dice che il popolo “segue il proprio consiglio” e rifiuta il dono di Dio, perché si è abbandonato “alla durezza del proprio cuore”. Per questa malattia spirituale i farisei legittimavano la discriminazione della donna, con Gesù invece la creazione torna ad essere come Dio l’ha pensata da principio, uomo e donna creati entrambi a immagine di Dio, nell’alterità in vista del dono reciproco. La metafora nuziale illumina il mistero della nostra salvezza: dal fianco di Adamo addormentato è stata tratta Eva: è figura del Cristo morto, dal cui costato trafitto è formata la Chiesa, che egli ha amato dando tutto se stesso per lei. Così Egli è venuto a donarci un “cuore di carne” e ci invita ad accogliere il suo dono, nelle scelte della nostra vita. Anche un consacrato deve custodire il proprio cuore dall’indurimento, per non raffreddare il proprio legame sponsale di amore con Cristo. Ricordo a me e a quanti leggono, se possono illuminare, le parole di Papa Francesco: “Cristo ha portato con la sua Incarnazione la rivoluzione della tenerezza… Non dobbiamo avere timore della tenerezza! La tenerezza non è la virtù del debole, al contrario è una virtù che indica forza d’animo, capacità di vera apertura all’altro, capacità di amore, è il segnale proprio della presenza di Gesù nel cuore dell’uomo”. E’ la virtù di un uomo, di una donna che voglia essere vero custode della vita di chi ama, prendersi cura della propria libertà di amare e sottrarla al male. E noi abbiamo paura della tenerezza? Di fronte a tanti drammi non ci sembra qualcosa da superare, non una risposta, ma qualcosa di poco concreto? Gli ultimi versetti del Vangelo ci invitano guardare a noi stessi come a coloro che rimangono sempre figli davanti a Dio, “bambini” bisognosi di tenerezza, aiuto, amore e perdono e che ricevono in dono da Lui la loro vita. Così anche noi intuiamo che l’amore può esistere solo “per sempre”.

LETTURE: Gen 2,18-24; Sal 127; Eb 2,9-11; Mc 10, 2-16