“Sono trascorsi circa due anni dalla vittoria elettorale di Roberto Cota e il bilancio del Governo regionale è a dir poco imbarazzante: sull’economia e lo sviluppo, sulla sanità come sulle politiche sociali l’incapacità di questa Giunta è palese.
In questi mesi abbiamo assistito alla presentazione di vari piani: per l’economia e il lavoro, per la competitività, per i giovani, infine quello quinquennale per le attività produttive. In realtà mentre da un lato vengono promesse misure che dovrebbero dare ossigeno all’economia, alle imprese e speranza di occupazione, dall’altro si operano forti tagli di bilancio, con un effetto  depressivo su molti settori dell’economia.
La logica dei ‘tagli’ sembra essere il tratto distintivo dell’operato della Giunta. Non solo sanità, welfare, cultura, cooperazione internazionale (con l’azzeramento dei fondi) ma anche le politiche del governo del territorio non sfuggono a questa logica distruttrice. Lo dimostra la proposta di legge della Giunta regionale per il riordino delle autonomie locali, un testo inaccettabile perché cancellerebbe l’esperienza delle Comunità montane e dei Consorzi socio assistenziali senza sostituirli con qualcosa di  almeno altrettanto efficace. Infatti, non si può pensare di improvvisare nuovi enti al posto di quelli cancellati senza tener conto degli aspetti positivi delle esperienze finora attuate. Immaginare, come propone la Giunta Cota, di porre come limite i 15.000 abitanti in montagna e collina ed i 20.000 abitanti in pianura per la gestione delle politiche sociali preclude la possibilità che venga garantita adeguata protezione e tutela sociale a tutta la popolazione piemontese. Vi è il forte rischio che solo nelle aree urbane si garantiranno i servizi.
Il Gruppo Consiliare regionale del Partito Democratico Piemontese ha presentato una proposta di legge sul riordino dei poteri locali nella nostra Regione che mira a salvaguardare il valore dei municipi e delle piccole comunità locali, ma che nello stesso tempo spinge verso una gestione associata dei servizi. In questo senso va la proposta di trasformare le comunità montane in unioni montane di Comuni e di chiedere un analogo impegno alle comunità collinari. Intendiamo anche salvaguardare le esperienze dei consorzi dei servizi sociali: sono 54 oggi in Piemonte, servono una popolazione che varia da 80.000 a 120.000 abitanti.
Siamo convinti che non si costruisce il futuro distruggendo tutto ciò che è stato fatto, ma cercando di capire  gli aspetti positivi e negativi delle esperienze sino ad ora attuate, evitando improduttive concorrenze tra comuni, comunità montane e Province, per una forte modernizzazione della pubblica amministrazione regionale.
Sul versante delle politiche sociali , grazie al PD nel collegato alla finanziaria regionale è stato evitato che venisse “smantellato” il sistema dei servizi socio-assistenziali attraverso l’abolizione del Fondo unico regionale, garantendone il finanziamento su livelli almeno pari all’esercizio precedente, a tutela delle fasce di popolazione più svantaggiate.
Ma è sulla sanità che si sta combattendo la battaglia più aspra e più complessa. Dopo aver gestito per mesi la sanità piemontese a colpi di delibere e senza confronto, l’Assessore Paolo Monferino ha varato una bozza di Piano socio-sanitario che ridefinisce gli ambiti territoriali delle ASL e delle ASO e trasferisce alle aziende sanitarie ospedaliere gli ospedali che prima venivano gestiti dalle ASL. In nome dell’efficienza si vuole separare l’ospedale dal territorio. Un modello simile a quello realizzato nella sola Lombardia, che comporta un cambiamento radicale nell’organizzazione dei servizi. Questo significherebbe penalizzare duramente la nostra Provincia: riduzione di posti letto e di personale; il Cardinal Massaia e il nuovo ospedale della Valle Belbo verranno ‘sacrificati’ sotto la direzione di Alessandria; mentre le Case della Salute di Villanova d’Asti, Castello d’Annone e Calliano (presidi importanti per la medicina territoriale, che i  Sindaci e i cittadini attendevano da anni) verranno dimesse.  Un Piano che priva i Sindaci e le comunità locali di qualsiasi ruolo sul grande tema della riorganizzazione della rete ospedaliera, impedendo loro anche di esprimere un parere sulla scelta del direttore generale.
Non stupisce, quindi,  che le consultazioni sulla proposta di piano socio sanitario si siano concluse con un totale dissenso di amministratori, operatori sanitari e sindacati.
Per il PD tre sono le richieste imprescindibili: superare la separazione ospedale-territorio, salvaguardare i consorzi socio assistenziali, restituire un ruolo importante ai sindaci nella sanità.
Siamo di fronte a un governo regionale in grande difficoltà, che si dimostra inadeguato ad affrontare le questioni più rilevanti per i piemontesi. Un governo regionale alle prese con gravi scandali nella sanità che hanno portato all’arresto dell’Assessore Ferrero, indebolito dalle spaccature interne al PdL e dalla litigiosità tra PdL e Lega, e con un Presidente che si trova più a suo agio negli studi televisivi piuttosto che nel ruolo istituzionale che gli dovrebbe essere proprio.
Mai nessun presidente ha fatto così poco in Consiglio nel primo anno di attività: Cota ha partecipato a 16 sedute su 106, il 15%. Nella scorsa legislatura, il primo anno Mercedes Bresso ha presenziato a 61 sedute su 86, il 71%. Ed Enzo Ghigo, nella legislatura precedente, aveva partecipato a 49 sedute su 94, il 52%. In compenso, secondo i dati dell’Osservatorio di Pavia e della Commissione di vigilanza RAI, Cota ha partecipato ad almeno 59 talk show o Tg nazionali, intervenendo sempre non come presidente del Piemonte, ma come rappresentante nazionale della Lega Nord.
E mentre Cota rilascia interviste, la Giunta regionale continua a non affrontare il nodo dei conti per il prossimo anno (cioè il bilancio 2012), lasciando i cittadini, le associazioni, le imprese, gli enti in una pesante condizione di incertezza che non potrà non avere gravi riflessi sulla vita economica. Infatti, se la Regione non approverà il bilancio e andrà in esercizio provvisorio, la conseguenza sarà la ridotta capacità di spesa: esattamente quello di cui, in una fase di recessione e di gravi difficoltà finanziarie, enti locali, imprese e cittadini non avrebbero proprio bisogno che accadesse”.
Buon 2012. Ne abbiamo bisogno.

Angela Motta – Consigliere Regionale PD