Il caso del macello di Baldichieri è arrivato sul tavolo dell’onorevole astigiano Marcello Coppo.
Dal 7 agosto i 106 lavoratori si battono per essere riconosciuti come alimentaristi, ma la questione che si è inasprita ai primi di settembre quando il passaggio di proprietà era passato dalla ditta Al.Pi al gruppo Ciemme, un colosso del settore agricolo e che avrebbe voluto assumere tutti i vecchi dipendenti ma con il contratto agricolo. La scorsa settimana davanti all’azienda si sono vissuti momenti di tensione con l’arrivo di 500 suini e di un gruppo di macellatori della ditta Laborapp Srl di Mantova che si sono occupati del lavoro mentre i colleghi erano fuori in presidio. Dal 7 di agosto solo il 27 settembre si è tornati a macellare. Ma i macellatori sono arrivati dall’Emilia, dalla Lombardia e dal Trentino. Gli altri sono rimasti fuori. Ieri la manifestazione dei lavoratori si è spostata davanti all’Esselunga di corso Torino e corso Casale al grido: “La carne che state comprando ha il sapore dell’ingiustizia”». Il presidio del macello di Baldichieri si è spostato ieri davanti ai cancelli delle Esselunga di corso Torino e corso Casale”.
La situazione è arrivata sia ai vertici della Regione, che ora in Parlamento, con l’intervento del deputato astigiano Coppo (Fratelli d’Italia), che in una lettera aperta si rivolge direttamente ai lavoratori.
“Gentilissimi Lavoratori, ho seguito con attenzione e preoccupazione le notizie che si sono susseguite nel corso degli ultimi mesi in merito al macello di Baldichieri e alle sorti del Vostro posto di lavoro – scrive -. Ho silenziosamente approfondito la questione e rimango perplesso da una chiusura totale, simil-ideologica, nella trattativa da parte della OS Flai Cigl. Nelle trattative sindacali in caso di cessazione dell’attività di impresa, perché di questo che si parla, si cerca di ottenere principalmente la massima occupazione e pari o miglior salario oltre che pari o migliori condizioni di lavoro, ovviamente valutando il nuovo datore di lavoro in termini di solidità, capacità imprenditoriale e voglia di investire per far sviluppare l’azienda”.
E aggiunge: “Nel Vostro caso si è probabilmente trovato un soggetto che ha solidità, capacità imprenditoriale e voglia di investire, un soggetto che sin dall’inizio delle trattative ha proposto la massima occupazione, compreso il diritto di prelazione sulle future assunzioni a tempo indeterminato a chi era a tempo determinato. Essendo tale soggetto una azienda agricola, qualora facesse assunzioni, dovrà applicare il CCNL di categoria. Un contratto che è stato sottoscritto anche dalla CGIL e che garantisce lo stesso reddito annuo lordo, ferie, permessi etc… L’azienda agricola, per non snaturarsi, non può applicare altro contratto collettivo ma si è resa disponibile ad armonizzarlo (aggiungere clausole che lo facciano diventare molto simile) al CCNL ALIMENTARI Industria”.
“A fronte di un netto rifiuto, il soggetto acquirente, proprio perché il nocciolo della questione non è la Vostra retribuzione ma una semplice impuntatura ideologico-politica, ha offerto altra opzione per Voi ancora più conveniente. Si è reso disponibile a dare in appalto il servizio, offrendovi anche ulteriori garanzie rispetto a quelle di legge, a una impresa che applichi il CCNL Alimentaristi PMI e che vi assumerebbe tutti, di fatto consentendovi di ottenere ciò che chiedete (il CCNL Alimentaristi) e un reddito annuo lordo ben superiore a quello che avete ricevuto fino ad oggi – aggiunge ancora -.Nonostante questa ulteriore offerta, sommata al raggiungimento della massima occupazione, la FLAI CGIL ha detto NO. Un comportamento completamente incomprensibile che vorrei approfondire perché completamente fuori ragione. Ci sono sicuramente degli aspetti che non possono o non sono stati detti e non è possibile che una federazione della CGIL opponga tutti questi rifiuti solo per non trasferire gli introiti delle tessere dei lavoratori ad altra federazione interna”.
Coppo poi punta il dito sulla “freddezza delle altre Organizzazioni sindacali che si tengono a distanza da certi intransigenti comportamenti della FLAI CGIL, probabilmente anch’esse avendo dei seri dubbi su come si stiano portando avanti le trattative”, sipega.
“Dopo alcuni interventi sentiti la scorsa settimana alla Camera, provenienti dai banchi dell’estrema sinistra e dalla parte più sinistra del PD e un volantino che veniva distribuito davanti a un supermermercato che vende i prodotti dello stabilimento, ho il presentimento di aver capito il vero motivo che è effettivamente ideologico e cioè quello di voler far approvare una normativa diversa sull’applicazione dei CCNL, volendo quindi esautorare le parti sociali dalla libera contrattazione sindacale. Un po’ un comportamento antisindacale portato avanti da un sindacato, tutto ciò è irragionevole e va a danno di lavoratori e imprese, specialmente in danno a Voi – aggiunge -. Peccato però che la proposta di salario minimo va proprio contro quanto dalla sinistra viene portato avanti, usando Voi e il Vostro posto di lavoro come agnello sacrificale sull’altare dell’ideologia social-comunista adattata al globalismo (la stessa che vuole retribuzioni sempre più basse). Molto probabilmente serve un caso eclatante per distogliere l’attenzione sulla loro precedente proposta, che è inattuabile oltre che mal scritta, e un centinaio di persone licenziate e una azienda chiusa, per lana caprina sul nome del CCNL, possono far loro comodo. Certe battaglie sindacali abbiamo visto cosa hanno portato e nel nostro territorio ho visto già diverse aziende chiuse per ottusità, prima ancora che per difficoltà insuperabili”.
E l’onorevole fa un paragone con una storica azienda astigiana: la Way Assauto
“Ricordo la Way Assauto, trecento lavoratori senza lavoro, un fallimento e la svendita all’asta a una società cinese. Bene ma quell’atteggiamento quanto consenso politico agli urlatori seriali ha portato a discapito di famiglie sul lastrico e una intera città che ne sta ancora pagando gli effetti? Probabilmente è questo l’obiettivo. A San Damiano chi si ricorda la Facis, giusto per fare altri esempi – scrive -.Quanto successo allora deve far pensare proprio perché oggi ci sono ottime condizioni per la piena occupazione. Oggi non ci sono solo un centinaio di posti di lavoro, sono i Vostri posti di lavoro ad essere a rischio, con a fianco anche i lavoratori dell’indotto e anche tutta una serie di attività che vivono grazie al fatto che Voi spendete la Vostra retribuzione. Sono famiglie, mariti, mogli, figlie e figli e magari anche nonni che avrebbero una soluzione a pari o superiore reddito e a pari quantità lavoro, qualora si svolga una trattativa seria e volta al lavoro giustamente retribuito e non a una velleitaria battaglia ideologica”.
E conclude: “Vi scrivo perché sono molto preoccupato che una azienda da un centinaio di posti di lavoro rischi di chiudere senza motivo e, se vi dicono il contrario ovvero che non c’è il rischio, chiunque lo dica mente. Qui l’ostilità a trovare una soluzione non ha anche fare con la dignità dei lavoratori che è più che salvaguardata dalle offerte sul tavolo, ma della ottusità a voler giocare sulla pelle dei dipendenti una partita politica e l’ALL IN sono le vite di 107 famiglie. Disponibile a metterci la faccia, come ho sempre fatto quando credo in qualcosa, ho la volontà di sentire tutte le organizzazioni sindacali sul tema, così come le parti datoriali ma mi sia permesso di dire che, sul tema, ho una certa professionalità ed esperienza per intuire come stanno le cose. Come diceva mio nonno, meglio informarsi da più parti per poter decidere autonomamente e con cognizione di causa, ovviamente lo diceva in piemontese con la semplice parola “cunisiun””.