850 firme raccolte soltanto nel primo giorno: inizia sotto i migliori auspici la petizione avviata dal Pd per chiedere la riapertura della clinica San Giuseppe e degli altri immobili sfitti presenti in città.
«La presenza di contenitori dismessi in centro storico – afferma il capogruppo in Consiglio Comunale Fabrizio Brignolo – sta assumendo proporzioni mai viste in passato nella nostra città. Si può ormai parlare di una vera e propria emergenza, perché questi vuoti concorrono alla morte del commercio e a compromettere la sicurezza dei cittadini; la desertificazione dei quartieri lascia spazio alla microcriminalità».
Il Partito Democratico si prefigge la soluzione di questo problema come una delle priorità per l’amministrazione comunale nei prossimi anni.
Il Pd ha deciso di iniziare dalla Clinica San Giuseppe perché è luogo simbolo di un quartiere che nel giro di pochi anni ha perso gli ambulatori Asl di via Orfanotrofio, la Caserma dei Carabinieri, ora il CDC: perdite solo parzialmente compensate dalla scelta di portare gli uffici comunali nell’ex Tribunale di piazza Catena; scelta che un’amministrazione saggia, guidata dal sindaco Voglino, attuò tempestivamente, lasciando l’immobile vuoto per il solo tempo necessario a ristrutturarlo, impedendo così che si creasse un altro buco nero.
La chiusura della San Giuseppe ha inoltre pesato tantissimo sull’utenza. È venuto a mancare un servizio importante per i cittadini, che erano abituati a fruire di prestazioni sanitarie e ambulatoriali in centro e che ora sono costretti a fare lunghe code al Cardinal Massaja: si è tolta ai cittadini una possibilità di scelta e gli ambulatori dell’ospedale sono andati in sofferenza per far fronte a queste nuove esigenze.
Nello specifico si è privata la città di un servizio di psichiatria: oggi il reparto dell’ospedale è attrezzato per le situazioni acute (trattamenti sanitari obbligatori), mentre un paziente astigiano, non in stato di acuzie, che necessiti di un intervento terapeutico in regime di ricovero in una struttura psichiatrica specializzata deve rivolgersi alle cliniche di Bra o della provincia di Torino, con disagio per sé e i familiari.
Chiarisce Fabrizio Brignolo: «Il Comune dovrebbe innanzi tutto prendere contatto con la proprietà e con la Regione per verificare lo stato della permuta che, secondo le informazioni dell’epoca, avrebbe dovuto attribuire la proprietà all’Asl 1 di Torino; se l’immobile effettivamente diventerà di proprietà della Regione, ancorché tramite l’Asl di Torino, si può avviare la prospettiva che la stessa Asl di Asti possa decentrare dei servizi dal Massaja alla San Giuseppe; se la permuta invece non verrà realizzata, occorrerà verificare con la proprietà e l’Asl la possibilità che una quota di servizi venga decentrata in regime di convenzionamento.»
Il Pd non intende alimentare la polemica introdotta dal Sindaco su chi abbia più colpa per la chiusura della struttura (anche se i cittadini sapranno valutare se è il sindaco o la minoranza a essere maggiormente responsabile di cosa accade in città) perché ritiene importante lavorare alle cose da fare piuttosto che guardare al passato. L’accusa mossa dal sindaco al Pd di essere “fuori tempo massimo” è tuttavia preoccupante, perché lascia intendere che non ci sia più nulla da fare e che ci si debba rassegnare per il futuro, cosa che non è accettabile da parte dell’amministrazione comunale.
La precedente amministrazione Voglino il 3 aprile 2007 (delibera n. 49/2007) aveva votato in prima lettura una variante al piano regolatore per la riconversione dei contenitori vuoti del centro storico. Si è letto sui giornali che l’attuale assessore all’urbanistica non condivide quell’impostazione e che assumerà delle delibere diverse. Ovviamente ogni soluzione è perfettibile: non si può però non rilevare che dall’aprile 2007 ad oggi sono passati quattro anni senza che si sia fatto nulla.
La proposta della precedente amministrazione sarà certo migliorabile (e sicuramente deve essere adeguata ai tempi) ma per “difettosa” che fosse sarebbe stata certamente migliore del nulla che è stato fatto in questi anni e che ha determinato un’ulteriore aggravamento della situazione. In concreto quindi la variante va ripresa, migliorata, cambiata, ma portata immediatamente in consiglio comunale.
«Il banchetto di lunedì è stata solo la prima di una serie di iniziative – conclude Brignolo – che il Pd proseguirà davanti agli altri luoghi simbolo della desertificazione della città per raccogliere le firme, le idee, i contributi, le proposte dei cittadini. Contemporaneamente, riprenderà la battaglia in consiglio comunale per riavviare le necessarie varianti al piano regolatore.»