Come sostenere e favorire l’integrazione sociale delle vittime di tratta e come l’Italia contrasta i trafficanti e la mafia nigeriana: sono stati questi i temi al centro dell’intervento di Alberto Mossino, astigiano e presidente di PIAM Onlus, alla prestigiosa “Conferenza sulla protezione e l’assistenza delle vittime di tratta dalla Nigeria all’Europa” che si è tenuta dal 2 al 4 ottobre a Siracusa, in Sicilia. 

A organizzarla l’ONU e il Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Rights (Istituto internazionale di Siracusa per la giustizia penale e i diritti umani), con esperti e ospiti da diversi Paesi europei e dalla Nigeria, con l’obiettivo di delineare e condividere linee guida e buone pratiche per la presa in carico e il supporto delle vittime del fenomeno, una forma di schiavitù che muta nel tempo ma è sempre in crescita. 

Unico relatore italiano proprio Mossino, simbolo di un riconoscimento anche in un contesto così importante, e da parte delle stesse Nazioni Unite, del lavoro che PIAM svolge da 23 anni non solo per la protezione, ma soprattutto in favore dell’integrazione e dell’emancipazione delle donne. Mettendo al centro i loro diritti e aiutandole, attraverso lo studio e la formazione professionale, a costruire un futuro di indipendenza. 

L’INTERVENTO

Mossino, oltre a raccontare il lavoro di PIAM, ha ripercorso davanti alla platea di Siracusa dati e dinamiche della tratta in Italia negli ultimi decenni: dal 2015 ad oggi sono arrivate in Italia, passando per la Libia, più di 20 mila donne nigeriane, la maggior parte delle quali identificate dall’OIM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, come vittime di tratta. Molte sono andate in Germania e in Francia, altre sono rimaste in Italia, dove nel 2022 le vittime di tratta nigeriane accolte nei centri di accoglienza erano circa 4.500. Vittime di inganni, riti e giuramenti di obbedienza (ad esempio i “juju”), si ritrovano sotto minaccia e a dover ripagare un debito da circa 35 mila euro. Un business criminale che fino a qualche anno fa era gestito da altre donne, le “madam”, oggi soppiantate invece dai “cults”, organizzazioni criminali nigeriane, vere e proprie mafie perseguite come tali in Italia. E l’attività di contrasto alla mafia nigeriana – ha sottolineato ancora Mossino nel corso del convegno – avviene anche grazie alla collaborazione tra le forze di polizia e le ong: perché le indagini nascono grazie alle segnalazioni degli sfruttatori, e queste sono possibili solo quando le vittime, una volta entrate nei programmi di protezione, vengono sostenute a tal punto da fidarsi degli operatori, e iniziare a parlare, a raccontare la loro vera storia. Un percorso delicato. Ma che dimostra che finanziare i programmi di assistenza e protezione per le vittime di tratta contribuisce non solo all’empowerment delle beneficiarie, ma anche al contrasto delle mafie e dei trafficanti.

Durante il convegno è stato poi proiettato 
Freeing girls trafficked to Italy for sex: ‘You will not be a slave for ever’, il documentario realizzato dal quotidiano britannico The Guardian sull’attività di PIAM Onlus.