La Regione Piemonte sembra aver finalmente ascoltato il grido d’allarme, più volte lanciato dagli imprenditori e Confagricoltura Asti, sui danni alle colture provocati dalla fauna selvatica.
Confagricoltura valuta con discreto ottimismo il via libera in Giunta di un disegno di legge sulla caccia, primo passo per l’approvazione definitiva da parte del Consiglio regionale.
Tra le novità di rilievo, l’aumento della superficie minima per ogni ambito di caccia e la possibilità di vendere la fauna selvatica abbattuta.
La commercializzazione dei prodotti cacciati – spiega Francesco Giaquinta, direttore di Confagricoltura Asti si configura come un valido incentivo al reddito ma deve essere regolamentata ed estesa anche ai macelli, purché la carne rispetti ogni norma igienico-sanitaria. In questo modo la fauna selvatica passerà da essere un problema a una risorsa, particolarmente interessante per i ristoratori locali. Questi, oltre a poter offrire la raffinatezza della carne bovina degli allevamenti piemontesi – la più sicura al mondo come certificato degli esperti – avranno la possibilità d’inserire nei propri menù nuove qualità come la carne di cinghiale, rinomata per il basso contenuto di grassi e il ricco apporto di proteine, ideale per secondi piatti (arrosti e spezzatini) e prodotti stagionati come il delizioso prosciutto di cinghiale”.
Confagricoltura boccia invece senza appello l’obbligo per le doppiette piemontesi a sottoporsi a una prova di tiro – ogni sei mesi – per la caccia di selezione: “A cosa serve – si chiede ancora Giaquintauna verifica con tempistiche così ristrette? Siamo seri, l’idoneità alla caccia è già ampiamente riconosciuta dal rilascio della licenza. Maneggiare un’arma non significa essere più pericolosi di un semplice automobilista, eppure il rinnovo della patente avviene ogni 10/5 anni. Auspichiamo che la Regione allunghi i termini ad almeno 24 mesi”.