Nell’Astigiano, a fronte di 4 mila infortuni registrati in un anno, sono soltanto un centinaio i casi di malattie professionali denunciati. E’ uno dei dati emersi dall’incontro promosso venerdì scorso dal Servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (Spresal) dell’Asl AT nella Sala Convegni dell’Azienda.

Rivolto in particolare ai medici competenti, che operano nelle realtà pubbliche e private, l’appuntamento era aperto anche a datori di lavoro e rappresentanti sindacali. Buona la partecipazione registrata.

Ospite il sostituto procuratore della Repubblica, Vincenzo Paone, che ha approfondito nel dettaglio gli obblighi dei medici competenti in materia di malattie professionali.

Tra la Procura e lo Spresal è stato firmato, alla fine del 2008, un protocollo per la gestione delle segnalazioni sulle malattie professionali entrato da alcuni mesi nella fase attuativa sperimentale. La legge prevede che, oltre ai medici competenti, sono obbligati a presentare la denuncia anche i medici di famiglia e gli specialisti.

“Ci auguriamo che questo accordo – ha sottolineato Roberto Zanelli, direttore dello Spresal, diventato punto di riferimento per la raccolta dei referti – possa incrementare il numero di denunce sulle malattie professionali: oggi soltanto il 50% di quelle segnalate provengono dai medici competenti”.

“La cultura della sicurezza – ha aggiunto Luigi Robino, direttore generale dell’Asl – ha bisogno di essere continuamente alimentata: pensiamo siano utili, a tal fine, collaborazioni come quella stretta con la Procura e incontri di approfondimento come quello di oggi”. Daniela Rivetti, direttore del Dipartimento di Prevenzione, ha ricordato che “operiamo in un contesto difficile, quello economico non aiuta la salute”.

Codice penale alla mano, il sostituto procuratore Paone ha approfondito i contenuti degli articoli 590 (lesioni personali) e 589 (omicidio colposo), specificando che “quello sulle malattie professionali è un reato procedibile d’ufficio” e che “va contro alla legge il medico che ometta o ritardi di fare denuncia all’autorità giudiziaria o al soggetto che svolge compiti di polizia giudiziaria (Spresal)”.

E’ stato ribadito che “le lesioni colpose non sono riconducibili unicamente all’infortunio, ma anche alle malattie professionali”, che il reato di omicidio colposo si configura se il soggetto decede a seguito della patologia contratta in azienda e che “si può parlare di malattia professionale quando essa supera i 40 giorni o determina un indebolimento permanente di un organo o una funzione”. I medici devono fare denuncia entro 48 ore dal momento in cui visitano il paziente.

“Spesso però – hanno osservato alcuni professionisti – la malattia professionale non è immediatamente o facilmente rilevabile. Che fare in questi casi?”. “Meglio una denuncia infondata in più – ha risposto Paone – che una segnalazione non fatta, con conseguenze di cui di fronte al magistrato sarà chiamato a rispondere personalmente il medico”.

L’incontro è poi proseguito con la presentazione delle procedure, messe a punto da un apposito gruppo di lavoro interno all’Asl, riguardanti gli accertamenti sanitari sull’eventuale consumo di sostanze stupefacenti da parte di addetti impegnati in mansioni che comportano rischi per l’incolumità e la sicurezza altrui. Sono intervenuti Maurizio Ruschena, a capo del Dipartimento delle Dipendenze, Roberto Zanelli, direttore dello Spresal, Manuela Viarengo, dirigente chimico del Laboratorio di Analisi del “Cardinal Massaia”.

Infine Domenico Musto, dirigente medico dello Spresal, ha illustrato le raccomandazioni emanate dalla Regione per la prevenzione dei rischi da rumore.

Venerdì 17 luglio, intanto, altro incontro di approfondimento all’Asl per parlare di sicurezza nei cantieri edili.