In questi giorni – rileva Assonidi, l’Associazione degli asili nido e scuole d’infanzia privati – è partito, un po’ confusionario, il tam tam con annunci di possibili prossime aperture degli asili nido. Ipotesi che trovano spazio sui mezzi di comunicazione, protocolli sui social, servizi televisivi dentro asili vuoti nei quali le educatrici spiegano come si potrebbero riaprire i nidi. Ma quando le ascolti non si capisce se stanno parlando di bambini o di un gregge di pecore.

Si parla, inoltre, dei vari dispositivi e accorgimenti di sicurezza: triage per l’accesso e termoscanner,  maschere e tute protettive, segnaletica a terra, percorsi di entrata e di uscita, protocolli, check list, braccialetti che vibrano. “Ma gli asili nido – rileva il direttore di Assonidi Paolo Uniti non sono luoghi di reclusione: stiamo parlando di bambini”.

A Roma – dichiara Federica Ortalli, presidente di Assonidifanno purtroppo  i conti sulla nostra pelle senza un minimo di concertazione con chi rappresenta la categoria. Si è dimenticato del tutto come funzionavano gli asili e le scuole prima del lockdown. Sarebbe interessante capire a quei tavoli quanta gente c’è che ha effettiva esperienza nel gestire un asilo nido e se ha mai accudito gruppi di bambini. E soprattutto se viene compreso il concetto di sostenibilità economica d’impresa”.

Il profilo di rischio della persona – sottolinea Federica Ortalli è il vero parametro di misura. Meglio avere un asilo con 30 bambini con famiglie con basso profilo di rischio che un asilo con 5 bambini con un solo profilo di rischio. E nel momento in cui un bambino si ammala? Prima di avere la diagnosi l’asilo si svuota, si ricrea la paura e poi il danno. Finché non sarà possibile somministrare un test a educatori e famiglie non abbiamo garanzie sulla sicurezza della riapertura. Noi ci dobbiamo indebitare ancora di più per riaprire, ma dobbiamo avere la certezza che tutti facciano il proprio dovere e rispettino le regole. Raddoppiare il bonus alle baby sitter, aprire centri estivi sperimentali: segnali per tranquillizzare le famiglie, ma non certo una soluzione sicura al problema. Forse ha senso aspettare un mese in più, ma avere più garanzie dal Ministero della Salute”.

Chiediamo di essere ascoltati – conclude la presidente di Assonidi e soprattutto vogliamo che si comprenda che questo settore non ha bisogno di sperimentazioni, ma di un serio protocollo, realisticamente attuabile, che tenga conto prima di tutto della sicurezza dei nostri bambini e degli educatori. E occorrono con la massima urgenza aiuti strutturali alle imprese fino al termine di questa emergenza”.