Prosegue la rassegna “Il cortile dei lettori” della Libreria Alberi d’Acqua con un ospite d’eccezione: lo scrittore, conduttore televisivo e attore Bruno Gambarotta che presenta il suo nuovo libro “Fuori programma” (Manni editori) con Valeria Bertolo.

L’appuntamento è per stasera, venerdì, alle 18 nel cortile del circolo Way Assauto (corso Pietro Chiesa 20). Un viaggio nel tempo di una carriera lunga 50 anni, tra avventure eccezionali e tantissimi fuori programma di uno scrittore che ama definirsi “artigiano”, ringraziando il refuso di un tipografo de La Stampa che, nel testo di una sua intervista, deformò involontariamente l’originale “scrittore astigiano”.

Il suo nuovo libro è un memoir sulla sua carriera: com’è iniziata la sua avventura in Rai? E perché aveva scelto di intraprendere questo percorso?

“La mia avventura in Rai inizia per caso. Nel 1961 avevo 24 anni, lavoravo come capo del reparto di fotolitografia di una azienda famigliare che realizzava prodotti grafici di altissima qualità. Lavoro ottenuto grazia al diploma di perito industriale fotografo conseguito al “Bodoni” di Torino. Guadagnavo uno stipendio considerevole, ero il primo in Italia ad attuare un procedimento rivoluzionario imparato presso la Gevaert di Anversa. Lavoravo giorno e notte, talvolta anche alla domenica. Cercavo un altro lavoro, che mi lasciasse il tempo di leggere, andare al cinema e a teatro. La domenica mattina leggevo su La Stampa, nelle pagine di Torino, gli annunci per le offerte di lavoro. Era ancora lecito precisare nell’annuncio “militesente”. Per questo motivo nel 1958 ero andato volontario alla scuola allievi ufficiali e dopo 18 mesi ero stato congedato con il grado di sottotenente di artiglieria contraerea. Un giorno leggo: “Azienda di importanza nazionale cerca periti fotografi”. Rispondo, mi convoca la Rai, esame teorico e pratico dopo una giornata di prove in uno studio televisivo (solo la Rai aveva le telecamere). Anni dopo ho saputo che mi ero classificato primo ma avevano preferito assumere il secondo, il mio esame era andato troppo bene. Il regista Maurizio Corgnati aveva sentenziato: “Questo qui lo assumeremo quando avremo bisogno di un dirigente”. Un anno e mezzo dopo cambiano idea e mi assumono: è il 7 aprile 1962. Lo stipendio è un quarto di quello lasciato ma finalmente posso sfogare la mia libido. Da allora e per molti anni non ho mai trascorso in casa una serata libera”.

Racconta vicende di 50 anni di carriera: quali i più eccezionali?

“Dal mio punto di vista e senza dubbio alcuno è quella che mi ha cambiato la vita: 10 ottobre 1987, va in onda su Rai Uno la seconda puntata di Fantastico ‘87, al teatro delle Vittorie a Roma. Sono stato chiamato a far parte del gruppo degli autori con il compito di fare l’assistente di Celentano. Quella sera sono come al solito in studio dietro le telecamere quando Adriano mi chiama in scena per spiegare al posto suo un gioco dello sponsor legato alla marca di un caffè. Ci stanno vedendo 14 milioni di spettatori. Dal giorno dopo mi arrivano offerte e proposte di tutti i generi”.

Cosa pensa delle polemiche che hanno coinvolto la Rai di questo ultimo periodo?

“Non penso niente perché i miei interessi e le mie attenzioni sono rivolte altrove. Il libro non è un saggio sulla Rai di una volta paragonata alla Rai di adesso. È un’antologia di racconti collaudati prima a voce e poi trascritti, di eventi grandi e piccoli che mi sono capitati in tutte le stagioni della mia vita. Alcuni c’erano già nello spettacolo “Storie vere di una provincia inventata” che con Giorgio Conte, partendo da Asti, ha girato per anni l’Italia. Io raccontavo e Giorgio cantava, con le scene di Ottavio Coffano”.

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 30 giugno 2023

Federica Bassignana