Il nostro viaggio culturale ci conduce a conoscere un giovane scrittore nato a Torino ma astigiano d’adozione, Enrico Graglia.
La passione per la sua terra, per il Monferrato, lo ha trasmesso anche nel suo romanzo d’esordio “Il cerchio di pietre” (ed. GoWare) dove Gianduja, la maschera per eccellenza della nostra tradizione, diventa un essere mostruoso e negativo ispirato a “It” di Stephen King.
Il romanzo, molto originale, premiato al memorial “Vallanti Rondoni”, è uscito poco prima di Natale e sta ottenendo un grande successo, soprattutto tra gli appassionati del genere horror-fantastico.
Quando è scoccata la scintilla per la scrittura?
“Sono cresciuto senza un televisore in casa e questo mi ha spinto a leggere molto, tanto che non ricordo di aver trascorso un solo giorno senza un libro in mano: Verne, Salgari, De Amicis e Mark Twain sono stati i miei primi autori preferiti. A 10 anni “Il Signore degli Anelli” ha indirizzato il mio immaginario al fantastico. Ho iniziato a scrivere racconti da adolescente, al ginnasio, ispirato dagli studi umanistici e da autori come Stephen King e Clive Barker. Speravo che un giorno la mia scrittura avrebbe trasmesso ad altri le stesse emozioni che provavo io, da lettore. Così la narrazione è diventata un’esigenza, qualcosa che mi fa stare bene e a cui non potrei rinunciare”.
Quali sono gli autori che predilige?
“Sono un lettore onnivoro. Mi piace spaziare fra autori come King, Joe Hill e Joe R. Lansdale, Richard Matheson, H.P. Lovecraft e Robert Howard; oltre a Tolkien, adoro Terry Pratchett e Philip Pullman; tra gli italiani prediligo Guareschi, Evangelisti e Baricco; a seconda dei periodi, passo da Ken Follett, John Grisham, Clive Cussler e Michael Crichton a classici come Proust e Dostoevskij, passando per Philip Roth e José Saramago. Alla narrativa affianco spesso la saggistica, relativa soprattutto ad archeologia, astronomia, fisica, paleontologia e antropologia. Leggo anche molti fumetti, principalmente italiani, come l’horror “Samuel Stern” della Bugs Comics, il futuristico “Nathan Never” e l’intramontabile “Tex” della Bonelli”.
A chi si ispira?
“Per costruire i protagonisti delle mie storie mi ispiro a persone che conosco, a figure storiche e ai personaggi delle narrazioni che mi appassionano, che si tratti di libri, fumetti o film. Per le trame di solito tutto nasce da un’immagine, una scena che vedo nella mia mente e su cui poi lavoro, fino a inserirla in una struttura narrativa il cui spunto può nascere da esperienze vissute, dalle storie che ci circondano, che come esseri umani ci raccontiamo l’un l’altro da sempre e che oggi danno allo “storytelling” un ruolo fondamentale anche in ambiti come la pubblicità e la politica. Qualche volta prendo spunto da fatti di cronaca. Quasi sempre, però, le idee migliori mi vengono dalla saggistica, per me un’inesauribile fonte di ispirazione”.

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 12 febbraio 2021.

Massimo Allario