Continuiamo imperterriti nella ricerca di nuovi talenti all’interno del mondo artistico astigiano e oggi scopriamo un altro dei talenti del laboratorio teatrale del Liceo Classico Alfieri. Il Priarone’s-boy di oggi è Eugenio Fea. In questo periodo l’attore vive stabilmente a Milano, ma abbiamo la fortuna di poter scambiare quattro chiacchiere con lui e saper che cosa sta facendo e che cosa ha intenzione di fare nel futuro. Da dove nasce la sua passione per il teatro? “Sinceramente non c’è stato un momento in cui il sacro fuoco dell’arte si è acceso, io arrivo dal mondo della musica, suonavo il clarinetto dall’età di otto anni e sinceramente non pensavo proprio di fare l’attore. Effettivamente ho cominciato al liceo Alfieri a cimentarmi su di un palco. C’erano due corsi; quello degli insegnati e quello autogestito, è stata una bella palestra. Facevo anche parte del coro. Ricordo bene quel periodo e vi racconto un’aneddoto: io e Marina Occhionero abbiamo regalato a Simone Coppo, per un suo compleanno, un corso di teatro tenuto da Aldo Delaude. Poi loro sono riusciti a entrare in Accademia, Simone alla “Paolo Grassi” e Marina alla “Silvio D’Amico”, mentre io non ce l’ho fatta”. Dopo l’Accademia, che cosa vorrebbe fare? Teatro o anche cinema? “Diciamo che vorrei essere un artista a tutto tondo, teatro o cinema non importa, la cosa fondamentale è avere qualcosa da dire, sia in scena che fuori, qualcosa da raccontare agli altri. In fondo quello dell’attore è un lavoro come tanti altri, ma per farlo devi avere una vera e propria vocazione. Pur di farlo, lo faresti anche gratis. L’artista deve abbandonarsi totalmente, deve lasciarsi andare, è come una fede. La missione dell’artista è riavvicinare la gente alle varie forme di arte, e per fare questo non basta diplomarsi all’Accademia, ma occorre studiare sempre, migliorare la voce, i toni, il corpo, i movimenti. All’estero ci sono più possibilità: in Germania esistono quattro università artistiche; da noi in Accademia arriveranno studenti norvegesi per uno stage e saranno rimborsati di ogni spesa; in Italia questo non succede. A Milano comunque con alcuni amici e compagni di corso, stiamo facendo degli spettacoli all’Università, stiamo coinvolgendo almeno un centinaio di studenti ogni volta. Mi piace scrivere, con un mio compagno ho riscritto una nuova versione del Don Chisciotte in mezz’ora e l’abbiamo proposta agli studenti; sto scrivendo un recital sulle canzoni di Jim Morrison. Insomma, ho un sacco di progetti, voglio fare cose che piacciono ma che smuovono qualcosa nella testa e nel cuore delle persone”. E’ rimasto legato ad Asti, la sua città? “Adesso Asti la vivo in maniera diversa, prima forse volevo allontanarmi perché non vedevo sbocchi, adesso mi pare che qualcosa si stia muovendo: nuovi spazi teatrali, nuovi spazi culturali. Mi piacerebbe continuare questo progetto che stiamo portando all’Università di Milano anche qua. Sono molto affezionato a Luciano Nattino, al suo modo di intendere il teatro; sarebbe bello poter creare, come lui ha sempre voluto, una residenza artistica, dove ci si possa trovare, per scrive- re, recitare, anche solo per scambiare opinioni e confrontarsi”. L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 31 marzo 2017. Massimo Allario
Tre domande a… Eugenio Fea
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