Asti splende sotto le stelle del jazz. La rassegna musicale del Diavolo Rosso prende in prestito il titolo della celebre canzone di Paolo Conte “Sotto le stelle del jazz” per un viaggio tra le proposte più classiche e quelle più ardite o sperimentali. Un viaggio ironico, come il sottotitolo («…quante cravatte sbagliate…») che enfatizza l’inadeguatezza di questa musica e dei suoi esecutori rispetto alle situazioni più ufficiali.

La rassegna, realizzata dal Diavolo Rosso con la Cassa di Risparmio di Asti e l’Associazione Obiettivo Monferrato, porta sul palco sei artisti del jazz italiano e internazionale. I concerti di jazz puro si alternano a progetti intriganti che mescolano musiche, stili e generi diversi, andando a ricercare sonorità nuove.

Dopo i Sandia, i Real Funk e Chiara Civello, questa sera, 9 maggio, sarà la volta della chitarra classica di Joe Barbieri. Jazzista di razza che ha appena festeggiato i 30 anni di carriera, lanciato giovanissimo da Pino Daniele nel 1992, Barbieri sarà protagonista di un concerto dedicato alla sua Napoli, accompagnato da due incredibili musicisti: Oscar Montalbano alla chitarra manouche e Nico Di Battista alla Dobro Guitar.

Da più di vent’anni il Diavolo Rosso mescola atmosfere da «caves» francesi e da sale da concerto americane, da dove queste musiche sono partite. È emozionante salire su questo palco?

Il Diavolo Rosso è una pietra miliare della musica, ma ancora di più ero curioso di visitare Asti, città in cui non ero mai stato, ma che mi affascina sia per la sua cultura enogastronomica sia per i grandi artisti che l’hanno resa famosa in tutto il mondo. Paolo e Giorgio Conte sono due dei miei miti. Anche la rassegna “Sotto le stelle del Jazz” è un bellissimo progetto, sono molto felice di aver partecipato e scoperto la città e spero sia l’inizio di un rapporto duraturo.

“Vulío” è un omaggio, attraverso 17 brani dai più tradizionali ai più recenti, alla grande musica napoletana. Qual è il suo rapporto con questa ricca e ingombrante tradizione?

Per me è quasi un parente, una persona che conosco bene e con cui ho sempre vissuto. Dentro di me ha sempre bruciato il vulío (una bellissima parola della mia lingua madre che significa “desiderio” e che ha a che fare anche con le ali del sogno) di ossequiare queste opere d’arte che hanno illuminato i miei passi di artista. Tuttavia, nei confronti della Canzone Classica Napoletana nutro un rispettoso pudore, che negli anni mi ha portato spesso a desistere dal toccare questo scrigno. Oggi che appena compiuto 50 anni, però, ho imparato quanto nella vita sia importante lasciarsi andare ai gesti d’amore per non accumulare inutili e tardivi rimpianti, e sento sia arrivato il momento di rendere un dovuto e libero omaggio alla mia adorata Napoli. Un momento per dire grazie ai tanti maestri da Pino Daniele in poi che mi hanno appassionato e accompagnato.

Durante il concerto ci sono stati momenti molto intensi. Qual è stato quello che ha “sentito” di più?

Il viaggio è stato davvero emozionante. Siamo partiti da alcune intramontabili perle come “Accarezzame” e “Dicitencello Vuje”, fino a tratteggiare alcuni tra i futuri classici della canzone napoletana, “Don Salvato’” di Enzo Avitabile o “Nun Te Scurda’” degli Almamegretta, per citarne alcuni. La ciliegina sulla torta per me è ovviamente l’inedito che4 ho scritto, “Vulesse ‘O Cielo”, ma il momento più intenso è forse l’arrangiamento di “Lacrime napulitane” per sola voce, che porta con sé tutta la forza, la passione e la storia della mia città.

Il cartellone di “Sotto le stelle del jazz” continuerà il 19 maggio con la diciannovenne Frida Bollani Magoni, una “predestinata” che ha ereditato dai genitori un talento unico al pianoforte e alla voce, mentre il 26 maggio il Pino Castagnaro Quartet porterà in scena un progetto che unisce la musica all’arte: con i musicisti salirà sul palco il pittore Davide Minetti che comporrà un’opera improvvisando sulle note.

Elena Fassio