Pietro Luigi Garavelli è il primario di Malattie Infettive all’ospedale universitario “Maggiore della Carità” di Novara. Garavelli è un infettivologo di fama internazionale, molto affezionato alla nostra terra perché ha sposato un’astigiana. E’ quindi il medico più indicato per fare chiarezza sul Coronavirus che si sta diffondendo a macchia d’olio in Italia. Una situazione che, al di là della gravità del virus, sta mettendo in seria difficoltà gli ospedali per la mancanza di posti letto riservati agli infettivi. Con disponibilità e gentilezza il dottor Garavelli ci ha concesso questa intervista.

Anzitutto, cosa ancora non sappiamo di questo virus?
“Ormai sappiamo tutto. Dalle ultime ricerche sembrerebbe che ci siano diversi ceppi di Coronavirus: ad esempio uno cinese che agisce più rapidamente nell’uomo e un ceppo italiano che sembrerebbe essere meno aggressivo. E’ un’epidemia mista, con ceppi diversi e virulenze differenti”.

Qual è il reale grado di pericolosità?
“E’ un virus altamente diffusivo. Come tutte le virosi respiratorie, usando la metafora dell’iceberg, nella parte sommersa troviamo gli asintomatici; nella parte emersa, molto minoritaria, troviamo i malati a vario grado e all’apice, nella parte superiore, i deceduti che generalmente sono i soggetti giunti in fase avanzata di malattia, i fragili affetti da diabete, cardio e pneumopatie croniche, gli anziani. Ciò che rende particolare questa infezione è che anche i giovani possono ammalarsi in modo importante e alcuni non farcela. Stiamo cercando di capire perché questo virus sia così letale”.

Come si manifesta il Coronavirus?
“Si presenta con i sintomi della tonsillite, del raffreddore o della laringite, poi in alcuni casi dopo qualche giorno il virus scende nelle basse vie, nei polmoni, dove stimola una risposta immunitaria chiamata “cascata delle citochine” ed è questa la reale responsabile del danno polmonare”.

Enzo Armando

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 6 marzo 2020