Chi, come me, ha i Grigi nel cuore lo ricorda soprattutto come calciatore per tre anni con la gloriosa maglia dell’Alessandria negli anni ‘80. 

Teodoro “Rino” Lorenzo, col tempo, si è dimostrato non solo un calciatore dai piedi buoni, ma, grazie alla sua personalità poliedrica, è diventato un avvocato affermato e, da un po’ di tempo a questa parte, anche un intrigante scrittore. Abbiamo la possibilità di conoscerlo da vicino e di farci raccontare la sua ultima fatica letteraria intitolata “Rimpalli” (Voglino Editore). Il nuovo romanzo si sviluppa realizzando una serie di cartoline, ricordi d’infanzia nella Torino popolare degli anni ‘60 e da alcune riflessioni: “Nel corso del tempo i paesaggi cambiano, di quel che erano restano soltanto cartoline ricordo”.

Quando è nata la passione per la scrittura?

“A 17 anni, giocavo nella Primavera della Juve, in uno scontro di gioco mi fratturai il femore, ad Abbiategrasso. Fui operato e in quell’ospedale ci rimasi un mese. A  scrivere cominciai così, per riempire il vuoto interminabile di quella degenza”.

Il suo nuovo libro “Rimpalli” è appunto un vero e proprio “puzzle” di ricordi.

“‘Rimpalli’ non è solo un libro di ricordi. Certo ne rappresentano la struttura portante, racconto la mia adolescenza, l’amore per il pallone, il provino alla Juve e poi le mie esperienze tra i professionisti, ma non potrei definirlo un “memoir”. A quello scheletro narrativo ci ho aggiunto riferimenti storici e letterari per cercare di cogliere l’anima profonda di Torino, la città nella quale sono nato e sono sempre vissuto”.

Il suo calcio era ben diverso da quello di oggi. Ad esempio non esiste più la “piazzetta”…

“Non esiste più il calcio di strada, e questo è il motivo principale dell’involuzione tecnica subita dal calcio negli ultimi anni. I campioni venivano da lì. Oggi vediamo sui campi da gioco sempre più atleti e sempre meno calciatori. Ma il calcio è un’arte: è tecnica e non corsa. Dai maestri del passato, capaci di capolavori assoluti, siamo passati agli onesti artigiani di oggi con un progressivo, e credo ormai inarrestabile, svilimento dell’opera finale”.

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’asti in edicola da venerdì 31 maggio 2024

Massimo Allario