Scrittori o saggisti al Cardinal Massaia: succede ai primari Paola Cuniberti (Psicologia clinica) e Franco Testore (Oncologia), autori di libri premiati o da poco pubblicati. Alla sua seconda esperienza di narratore, Franco Testore è tra i vincitori del Premio Pavese per la sezione “opere edite Medici scrittori”: riconoscimento che si è guadagnato con “Il bacialè”, firmato con lo pseudonimo di Fermo Tralevigne. Testore sarà premiato il 25 agosto a Santo Stefano Belbo, nella Casa Natale di Cesare Pavese, insieme agli altri autori selezionati: tra quelli della sezione principale ci sono Vittorio Sgarbi, Margaret Mazzantini e Alessandro Baricco. Anche per il primario astigiano, esperto musicale di lungo corso, vale la stessa motivazione: ritirerà l’ambito riconoscimento per aver “saputo trasmettere il legame con il territorio, il valore dell’impegno civile o fornire punti di vista stimolanti su tematiche attuali o storiche”. Autoprodotto dall’autore e dedicato “alle persone qualunque che vivono una vita qualunque in un posto qualunque”, “Il bacialè” racconta una storia romanzata di Langa che trae spunto da alcuni pungenti ricordi di Testore bambino e adolescente tra la gente di Cassinasco. In una valle di collina, dove negli anni Sessanta del Novecento i ragazzi di campagna fanno molta fatica a sposarsi, arrivano tutte insieme quindici mogli calabresi; i matrimoni sono combinati dal maresciallo dei carabinieri del paese e da sua moglie, e quasi tutte le famiglie riescono bene, ma ce n’é una che, invece, comincia ad andare male. Così, intorno alla ricerca di un uomo che è sparito, si dipanano le storie degli altri abitanti della valle, e ognuno di loro svela qualcosa di speciale, che riempie il racconto di mistero e emozione. Un racconto collettivo, in cui le voci dei personaggi si sovrappongono ma non si confondono, in una società contadina ancora arcaica che si affaccia, senza volere, su alcune modernità, e a volte non riesce a capirle. Ognuno finisce per raccontare la sua storia al maresciallo Scarcella, anche lui un personaggio sorprendente, arrivato su quelle colline dalla Calabria per fare il carabiniere, ma poi trasformato, più per necessità che per intenzione, in un “combina matrimoni”, un bacialè. Di tutt’altro taglio il volume “Psicoanalisi in trincea”, saggio che Paola Cuniberti ha curato con Luigi Caparrotta, psichiatra, psicoanalista e direttore di un servizio pubblico di psicoterapia psicoanalitica a Londra, per documentare esperienze, pratica clinica e nuove frontiere nei servizi sanitari italiani e inglesi. Il testo, edito da FrancoAngeli, è “corale”: raccoglie il contributo di alcuni tra i più autorevoli esponenti della comunità scientifica e professionale (sia maestri che colleghi delle società psicoanalitiche internazionali) accomunati dall’impegno in prima linea in strutture pubbliche o in esperienze cliniche innovative. “Questo libro – scrivono i due curatori nell’introduzione – nasce da una passione e da un investimento di più di trent’anni sulla salute mentale utilizzando il modello psicoanalitico. Vuole presentare un insieme di testimonianze sulla fecondità di un ‘sapere pratico’ psicoanalitico che, superando ortodossie e rigidità legate a scuole e istituzioni, scende dalla turris eburnea in cui sono talvolta arroccati il ‘sapere teorico’ e la pratica analitica e diventa un efficace strumento di cura anche per quei pazienti che spingono davvero ad andare oltre il divano”. La dottoressa Cuniberti, psicoanalista, membro dell’associazione psicoanalitica junghiana internazionale, approfondisce in particolare il processo di consultazione psicoanalitica, dal primo colloquio al progetto terapeutico condiviso. L’autrice presenta aspetti teorici, metodologici e tecnici rilevanti per gli specialisti, ma sottolinea anche come la pratica clinica descritta sia stata realizzata all’Asl AT attraverso un gruppo di lavoro allargato che, nel tempo, si è confrontato e ha condiviso principi etici ed evidenze scientifiche. Facendo diretto riferimento al titolo del volume, la specialista sottolinea tra l’altro che “lavorare in prima linea nell’ospedale generale ha comportato il confronto con la grave malattia fisica, l’invalidità, la terminalità e la morte”, mentre “la prima linea sul territorio è stata rappresentata dalla collaborazione con i medici di medicina generale per offrire a fasce di popolazione che non avrebbero mai potuto permetterselo, per motivi economici e sociali, la possibilità di accedere a un trattamento psicoterapeutico a costi molto bassi”. E’ ciò che accade, giornalmente tuttora, nella struttura specialistica del Massaia. “Oggi – scrive Paola Cuniberti – l’immagine che prevale dentro di me è quella del lavoro in miniera, umile, faticoso. Non per portare alla luce qualche gemma preziosa, ma per garantire le materie prime necessarie alla sopravvivenza”.
Primari del Massaia scrittori o saggisti: Franco Testore e Paola Cuniberti
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