In Italia ci sono molti meno infermieri della media Ocse, in particolare se rapportati al numero dei medici. E’ quanto dichiarato dall’Ocse nell’ultimo rapporto sulla salute 2017 (Health at Glance) ed evidenziato da FNOPI (Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche).
Il rapporto dell’Ocse si basa sul numero complessivo di medici attivi e di infermieri attivi (che esercitano cioè a qualunque titolo – nel pubblico, nel privato ecc. – la professione), ma in generale le soluzioni proposte per migliorare un servizio sanitario giudicato già, comunque, tra i migliori dei 29 principali Paesi dell’Organizzazione, sono tra gli altri, quelle di un maggior coinvolgimento dei pazienti nei processi decisionali, una migliore informazione sulle prescrizioni inadeguate e l’introduzione di più infermieri.
Secondo un recente studio pubblicato sul British Medical Journal il tasso di mortalità in ospedale risulta del 20% inferiore quando ogni infermiere ha in carico un numero di pazienti pari a 6 o meno, rispetto a quei contesti dove ogni singolo infermiere ha in carico 10 o più pazienti. Nel nostro Paese ogni infermiere ha in carico in ospedale in media 12 pazienti.
Fin qui i dati e i giudizi internazionali. La situazione analitica nel nostro Paese è tuttavia anche più netta: di infermieri dal 2010 al 2016 (secondo i dati del Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato) se ne sono persi circa 13mila e di medici circa 6mila.
Il SSN vede un costante decremento del numero di professionisti in Sanità e conseguentemente una sempre minore capacità di rispondere ai bisogni di salute della popolazione. Su questa impostazione la comunità degli infermieri chiama a un confronto esplicito la politica Nazionale e Regionale.
“Il Paese ha bisogno di infermieri e di infermieristica” affermano dalla Federazione degli Infermieri e Infermieri pediatrici, il più numeroso ordine Italiano con oltre 440.000 iscritti.
I fattori che hanno determinato l’emorragia di personale sono noti: invarianza delle risorse, sia complessive (le previsioni di finanza pubblica indicano una progressiva riduzione del peso della spesa sanitaria pubblica sul PIL dal 6,7 al 6,3 del 2020) sia settoriali (vincolo del -1,4% delle spese del personale sul 2004 e blocchi per le regioni in piano di rientro). E di conseguenza blocco del turn over che penalizza in modo graduale le Regioni.
Attualmente il rapporto medici infermieri è costante nel tempo, ma perché segue le carenze progressive delle due professioni. Il rapporto infermieri medici in ospedale è passato ad esempio da 2,48 del 2010 a 2,52 del 2016.
La Federazione degli infermieri ha calcolato che per far fronte nell’immediato al bisogno di salute sul territorio delle persone con patologie croniche e non autosufficienza, oltre ai medici di medicina generale per quel che attiene alla diagnosi e alla terapia, servono per l’assistenza continua di cui questi soggetti hanno bisogno, almeno 31mila infermieri (uno ogni 500 persone con queste caratteristiche che in Italia sono oltre 16 milioni).
E in ospedale per far fronte alle carenze create dalle manovre legate a tagli e risparmi e per rispettare i parametri dettati dalle norme europee su turni e orari di lavoro servono almeno altri 21mila infermieri, ricomponendo anche le carenze create dai vari blocchi del turn over.
La proiezione con questo andamento è quella di un fabbisogno al 2021 di ben 63.000 infermieri che mancheranno all’appello (proiezioni Oms/Istat/Eurostat con l’aumento del 3% di cronici e non autosufficienti).
La sanità ha bisogno non solo di professionisti, ma di appropriatezza: garantire ovvero il giusto professionista che possa essere messo in grado di rispondere al giusto bisogno, nel giusto contesto, con il giusto utilizzo di risorse nella maggiore autonomia possibile. Serve una visione più ampia e coraggiosa. Mancano professionisti, mancano anche gli infermieri, tutti lanciano il loro grido di allarme, nessuno si sottrae. A mancare, però, è soprattutto un serio ed equilibrato rapporto tra i professionisti che si realizzi attraverso lo sviluppo delle competenze.
Basta alle manovre demagogiche che affondano il SSN. Una scelta oggi condiziona il futuro per i prossimi 30 anni.
Il grido dall’allarme della Fnopi: “In Italia meno infermieri della media Ocse”
SANITÀ
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