Una serra, anzi tre, nascoste in un capannone industriale a Caselle e zeppe di piante di marijuana, tanto da non lasciare spazio neppure per il passaggio. E’ quello che hanno scoperto i carabinieri del comando provinciale di Asti al termine di una complicata indagine che ha portato all’arresto dei “speciali giardinieri” e alla denuncia di altre due persone. I militari da tempo impegnati in una lotta contro la diffusione degli stupefacenti specie fra i più giovani hanno indagato attentamente su due ragazzi torinesi che frequentavano spesso la nostra città. Mesi di pedinamenti e appostamenti che alla fine hanno dato i loro frutti perchè gli investigatori hanno individuato e sequestrato 365 piante di marijuana in vaso e 50 già tagliate e pronte per l’essiccazione. Ma la coltivazione scoperta non era di quelle artigianali, come dimostrano la quantità di arbusti rinvenuti. Le piante infatti erano nascoste in una parte inacessibile agli estranei di un capannone che ospita un’officina, chiuse in 3 serre dotate dei più sofisticati strumenti per velocizzare la crescita. Nelle grow rooms, come si chiamano in gergo queste serre, infatti i militari hanno sequestrato anche lampade ad alta pressione, turbine per la ventilazione  e un complicato impianto di irrigazione che permetteva ai “giardinieri” di coltivare piante rigogliose e che da qui a pochi giorni avrebbero dato i loro frutti. I carabinieri hanno arrestato i presunti responsabili del vivaio di cannabis nel corso di un blitz al quale ha preso parte anche l’elicottero del nucleo di Volpiano. Nei guai sono fini Francesco Bossio, 23 anni, ed Edoardo Repetto,, 24 anni, entrambi di Rivoli, che sono stati arrestati con l’accusa di coltivazione e detenzione di stupefacenti a fini si spaccio, mentre i proprietari dell’officina sono stati denunciati a piede libero. Nel corso della perquisizione delle serre i carabinieri hanno sequestrato oltre 360 piante di “cannabis indica” (marjuana) per un peso complessivo di 32,300 Kg, un sacco contenente 2,100 Kg di foglie di “cannabis indica” e una scatola contenente 1,200 Kg di inflorescenze parzialmente essiccate della stessa sostanza stupefacente. La roba, che secondo gli  investigatori sarebbe stata destinata al mercato torinese e astigiano, avrebbe fruttato 80 mila euro.