Martedì  30 novembre alle 21 al Teatro Alfieri di Asti andrà in scena “Filippo”, spettacolo prodotto dalla Fondazione del Teatro Stabile di Torino in collaborazione con il Comune di Asti, con Valerio Binasco (Filippo), Sara Bertelà (Isabella), Edoardo Ribatto (Don Carlo), Michele Di Mauro (Gomez), Fabrizio Contri (Leonardo), Lorenzo Bartoli (Perez), per la regia di Valerio Binasco.
Le scene e le luci sono di Nicolas Bovey, i costumi di Sandra Cardini e le musiche di Andrea Chenna.
Vittorio Alfieri scrisse “Filippo” all’indomani della messa in scena della sua prima tragedia, “Cleopatra”, lavorando al testo dal 1775 fino al 1781. Insofferente per carattere alle costrizioni, artefice del mito dell’intellettuale che si erge come baluardo contro qualsiasi forza che limiti o impedisca la liberta dell’uomo, lo scrittore pone la riflessione sulla tirannide al centro del proprio pensiero politico e poetico. Filippo è il primo tiranno dominato dalla sete di potere, dilaniato dalla solitudine che lo circonda, vittima della passione per il potere. In Alfieri la severità del verso si accompagna alla severità etica dei personaggi. E per la prima volta con la figura di Don Carlos emerge il profondo credo politico dell’autore, che non si fonda su un anelito libertario, ma sul sentimento della morte, inteso come unica possibile via d’uscita per l’eroe.
La morte non e sublimata come nella tradizione classicista francese, ma è repentina e drammatica.
Poco frequenti sulle nostre scene, le tragedie di Alfieri mantengono intatte potenza e grandiosità del verso poetico. Le ragioni di questa scelta sono rintracciabili nelle parole del regista Valerio Binasco: “Filippo è un monarca degenerato in tiranno. Io non so nulla di monarchia, e dovrò fare affidamento all’immaginazione. Un’immaginazione per forza di cose moderna. Psicologica e anche favolistica. Ma ad Alfieri non importa nulla dei temi monarchici. Usa la favola tragica come travestimento per una ancor più terribile favola psicologica, che sta dentro ai rapporti famigliari. Alfieri, come anche i tragici Greci, vede l’inferno dentro a questi rapporti. Che cos’ha di assoluto il potere paterno? Un padre, senza neppure metterci troppo impegno, può divenire monarca e tiranno nella vita dei figli. Un figlio può diventare uno schiavo del padre e restarlo per tutta la vita, anche da vecchio. Anche da orfano. Questa storia di Re e Regine è la storia di persone incapaci di ribellarsi al potere dei padri”.
Lo spettacolo, che ha debuttato con successo al Teatro Carignano di Torino lo scorso 16 novembre, arriva al Teatro Alfieri per celebrare i 150 anni dall’inaugurazione del teatro stesso (avvenuta il 6 ottobre 1860).
Ingressi: 18 euro (platea, palchi, barcacce), 15 euro (loggione).
Per informazioni e prenotazioni: 0141.399057
Alexander Macinante